IV PERIEGESI – Diario Laconia e Messenia

4-12 Settembre 2004

I luoghi: Sparta, Tempio di Artemide Orthia, Mistrà, Pellana, Menelaion, Vafio, Amikle (tempio di Apollo), Monemvassia

Penisola del Parnone: grotta dei Ciclopi, fortificazione di Epidauro Limera, Limenas Geraka, Zarace, Punta, Neapolis, Capo Malea, Aghia Marinas, Plytra (rovine di Asopo), Akriai, antica Ilos, Kokkina, Ghithion, isolotto di Krane, Vathi

Penisola del Mani: grotte di Diros, Gerolimenas, Vathia, Capo Tenaro (tempio di Poseidone), Porto Cagio, Aeropoli, Kardamili

Messenia: Koroni, Gialova, Palazzo di Nestore, Chora (museo), Pylos, Baia di Navarino, Sfacteria, Methoni, spiaggia di Voikokilia, grotta dei buoi di Nestore, Messene, Mavromati, Atene.

Partecipanti:Cristina B., Eli, Franco, Michele, Monica, Moreno, Nora, Plinio, Primo, Riccardo, Rosalba, Teresa

Venerdì 3 settembre.Volo Roma-Atene. Siamo arrivati ad Atene alla mezzanotte di venerdì 3 settembre e subito ci siamo trasferiti a Sparta. Alle tre eravamo “già” nel nostro albergo e, con passo felpato, abbiamo occupato le nostre stanze.

Sabato 4 settembre. Al mattino aprendo le finestre ci è venuta incontro (è un vero primo dono, e grande!) la vista del grande Taigeto dentato e di Mistrà, e Sparta ci è apparsa davvero “incuneata tra i monti”, come dice Omero e come ci spiegherà Rosalba nella sua lezione di martedì 7. Ci siamo ritrovati tutti a colazione per poi procedere alla visita al museo locale e poi subito al sito su cui insisteva l’Acropoli: vecchissimi ulivi, altissimi eucaliptus. Poco quello che resta della vecchia Sparta, molti di più i resti bizantini, magari costruiti usando i più vecchi resti greci e romani. Grande cavea del teatro romano.

In macchina verso l’Eurota per il tempio di Artemide Orthia.

Tentativo di raggiungere le rive dell’Eurota (forse sperando di incontrare le fanciulle spartane in succinti chitoni), ma superato una specie di accampamento di zingari abbiamo desistito.

Rientro in città per il pranzo in un estiatorio direttamente sul marciapiede.

Ci siamo ritrovati contenti di essere di nuovo insieme, in Grecia, avvolti dalla barbagliante calda luce ellenica, elladica, proto elladica, neolitica, eterna…

Visita pomeridiana a Mistrà (ai monasteri Peribleptos e Pantanassa e tanti tanti gradini in salita ed in discesa!). Qualcuno sale fino alla rocca dei Villardhouin. Altri vanno ancora più in alto per una birra: bella vista sulla valle dell’Eurota con Sparta che si illuminava sullo sfondo del Parnone.

Ci si ritrova tutti in un estiatorio a mezza costa per la cena. Rosalba offre a tutti un dono che aveva portato appositamente per noi dalla Turchia. È bello essere nel cuore delle persone ed essere così portati ovunque anche in Turchia. Per un giuoco riccardiano la sorte ci trasforma in dei e dee. Diciamo che ognuno sceglie (o si fa scegliere) dal dio che più lo esprime. Sono ammessi anche meschini baratti!

Domenica 5 settembre. Giustamente Primo ci conduce a Pellana che non era in programma ma che valeva assolutamente una visita. Tombe a tholo micenee delle quali una grandiosa, bella, perfetta, di struttura regale, ariosa, impressionante. Non davano il senso della morte; queste tombe sono un po’ fuori del paesino attuale; più vicina ad esso l’Acropoli recintata. Forse Pellana va identificata con l’antica Lakedaimom. Forse Menelao ed Elena avevano qui la loro reggia. Infatti una simpatica vecchina sdentata ci parla di Menelao come fosse un suo conoscente.

Ci intratteniamo anche con un contadino ed i suoi due ciuchini carichi di canne. Infine ci permettiamo una pausa in un caffè sotto un grande platano nella piazza del paese moderno.

A circa 5 km a sud di Sparta sulle pendici del Parnone, seguendo una brutta ripida strada sterrata e bitorzoluta tra gli ulivi (ultimo tratto a piedi) arriviamo al Menelaion in una zona che dovrebbe essere la antica Therapne, forse identificabile con la Sparta omerica…. Il Menelaion è una costruzione “piramidale”, ora molto diruta, che era il santuario di Menelao ed Elena. Ridiscesi a fondo valle andiamo a Vafio e, sempre tra gli ulivi, visitiamo dall’alto perché recintata, la grande tomba a tholos in cui sono state rinvenute le famose tazze d’oro. La tomba è ben visibile in quanto è “decapitata”.

Ora di pranzo. Vana ricerca di un locale, troviamo solo un fornaio-pasticcere con ogni ben di dio della cucina greca e persino il caffè…. ma in lattina . Ognuno fa la sua scelta di spuntini e si mangia alla spartana cioè… sparpagliati “sparti”.

Sulla riva destra dell’Eurota saliamo ad Amikle ove troviamo i resti del grande tempio, su base poligonale, di Iakintos ed Apollo Amikleos (nel museo di Sparta avevamo visto parte del grandioso trono di Apollo “intronato” sulla tomba di Iakintos).

Trasferimento a Monemvassia con lunga sosta a Skala da un meccanico per il sistema elettrico di una macchina. Cena nel vento in un locale entro la cinta muraria della vecchia Monemvassia arroccata sulla penisola. Pernottamento all’ Hotel Flowers of Monemvassia

Lunedì 6 settembre. Lungo la costa della penisola del Parnone. Distinguiamo a mezza costa la grotta dei Ciclopi. Sosta per visitare la fortificazione di Epidauro Limera. Non siamo saliti tutti (qualcuno è rimasto a contemplare le piante ed il mare mosso contro la spiaggia). Bella costa, splendido mare, scintillante di blu e oro.

Incantevole la vista del fiordo di Limenas Geraka. Naturalmente al porticciolo i più “giovani” di spirito (cioè Riccardo ed altri) hanno fatto subito il bagno.

Ascesa alle spalle del paesino per visitare i resti di Zarace micenea quasi a picco sul mare con vista mozzafiato.

Discesa in paesino e sosta lungo il mare per un caffè ed una chiacchiera. Con un percorso interno est-ovest raggiungiamo la costa occidentale della penisola con l’intento di andare sull’isola di Elafonissos a soli 350 metri di distanza dalla terra ferma, cioè da Punta ove ci troviamo. È una zona “dunosa” ove alcuni fanno il bagno mentre nel frattempo un oste molto gentile, come anche i suoi familiari, ci apparecchia e prepara. Dopo un buon pranzo alcuni, sempre spartanamente o alla chetichella, si sdraiano sull’erba per un riposino.

Si parte per Capo Malea (brevissima sosta a Neapolis: lungo la banchina c’è un moderno monumento all’uomo di mare, al marinaio, al pescatore). Lungo il tragitto ci stupisce e ci ammalia il particolare paesaggio carsico-lunare con tanti massi vaganti che ci parlano di milioni di anni fa, di ere geologiche perdute nel tempo. Strada sterrata, ma percorribile e poi facciamo un tratto a piedi più o meno fino a dove si può. Sino ad un punto chiamato, c’era un cartello, “Aghia Marinas”. Sentieri montani s’incuneano a sinistra sul monte, sembra di essere sulle Dolomiti, ma a destra c’è il mare, spazzato da un Borea violentissimo che solleva un fumo di goccioline volanti, e spira da dietro la punta del promontorio; noi siamo al riparo, ma proprio qui Ulisse fu dirottato da un vento come questo.

Percorso più o meno a ritroso per Monemvassia per una cena con una lunga tavolata all’aperto in una stradina interna. Prima di andare a dormire c’è tempo per alcuni di farsi un bicchierozzo di ouzo lungo la spiaggia.

Martedì 7 settembre. Tagliamo per l’interno verso ovest per vedere, in località Plytra, le rovine quasi tutte sommerse (terremoto del 375 a.C.) della antica Asopo che ora si è arricchita di una composizione verticale dell’artista moderno Riccardo. Dall’altra parte della piccola graziosa baia abbiamo cercato invano di avere notizie di un monumento ad Asclepio.

Risaliamo lungo la costa verso nord per visitare Akriai. Il cartello c’era e pure la collina, ma Riccardo in esplorazione non ha trovato alcunché.

Sempre lungo la costa in cerca di un luogo dove fare un bagno attraversiamo una zona fitta di aranci e finiamo in una specie di pantano-laguna-deposito dove alcuni di noi si rifiutano di fare un bagno. È la zona della foce dell’Eurota, che sbocca in mare proprio lì. E nei pressi ci dovrebbero essere i resti dell’antica “Ilos”, famosa per essere la prima città ridotta in schiavitù dagli spartani (da qui il termine di “Iloti”, esteso poi a tutti i futuri schiavi spartani). Ma c’è fame, nervosismo: le cure del presente ci sopraffanno e non abbiamo “occhi per pensare” il passato. Sarà l’unica volta che accade in tutto il viaggio!

Così torniamo indietro e troviamo una bella spiaggia, persino con doccia e spogliatoio, e non lontano una trattoria con pergolato direttamente sul mare. Il luogo dovrebbe chiamarsi Kokkinia.

Si riprende il cammino. Attraversiamo l’Eurota un po’ più a nord della sua foce. Distinguiamo le tre isolette di Trinisa. Osserviamo una grossa imbarcazione arenata (chi sa da quando visto che una sua foto appare in manuali turistici: forse l’hanno fatta arenare apposta li per i turisti).

Arrivo a Ghithion e visita all’isolotto di Krane o Marathonsi (nido d’amore di Paride ed Elena). In paese non riusciamo a trovare l’antico teatro, né una famosa pietra sulla quale, a dire di Pausania, Oreste venne liberato dalla follia.

Proseguiamo in direzione sud per la località Vathi ove si trova il nostro albergo (La Belle Hélène) direttamente sulla spiaggia. Ovviamente si fa il bagno. A sera, per la cena, un gruppo va a Ghithio mentre pochi intimi preferiscono cenare in albergo. Rosalba ha preparato una lezione, ma siamo quindi solo in pochi fortunati ad ascoltarla.

Mercoledì 8 settembre. A KardamiliPatrick Leigh Fermor è incontattabile; proveremo di nuovo. Tagliando direttamente verso ovest raggiungiamo la costa occidentale della penisola del Mani. Passiamo per Areopoli senza fermarci. Arriviamo poi a Diros ove visitiamo, a mezza costa, la bellissima grotta. Contiene un lago di acqua dolce sul quale scivoliamo in una specie di chiatta. Successivamente visitiamo il piccolo prezioso museo con oggetti del neolitico (V e IV millennio a.C.).

Sosta nella bella Gerolimenas per bagno e pranzo (poveri polpi sbattuti !). Si percorre la penisola a mezzacosta in direzione sud costeggiando qua e là grigi insediamenti turriti. Ne visitiamo uno, Vathia, con torri da più di un miliardo.

Proseguiamo per Capo Tenaro: tempio di Poseidone Tenario (trasformato in chiesetta bizantina ora alquanto diruta) e spiaggetta con “ingresso dell’Ade”. L’ambiente e l’atmosfera è di grande suggestione e … un bagno è d’obbligo.

Si torna a Vathy mentre annotta e purtroppo non vediamo altro che Porto Cagio dall’alto. Cena in un locale vicino all’albergo. Pioviggina. Patrick Leigh Fermor tornerà o non tornerà a Kardamili?

Giovedì 9 settembre. Aeropoli. Piacevole visita a questa linda luminosa località. Ci fermiamo solo per un breve tempo: un’occhiata al mercato, ma sopra tutto il gruppo si ferma a lungo in una bella libreria, molto fornita di testi sia in greco che in inglese. È l’occasione per Teresa di acquistare il libro di Fermor, ma non in italiano, né in inglese (troppo facile!) bensì in neogreco. Riccardo acquista una serie di tomi (costosissimi) di una periegesi per immagini che anche lui avrebbe pensata precedentemente (per una volta tanto è stato preceduto da qualcuno!).

Si lascia la Laconia a si entra in Messenia. Kardamili: ad ognuno il suo sogno… Ma Patrick Leigh Fermor dove sarà? Bagno da un piccolo molo. Sole. Pranzo sotto un pergolato con vista del mare e delle rocce. Bella Kardamili: perché non dormirci? e incontrare Patrick?

Lasciamo Kardamili seguendo una bella strada panoramica. Attraversiamo Kalamata senza fermarci e scendiamo lungo la costa orientale della terza penisola del Peloponneso.

Sosta a Koroni alla “spartana”. In diversi ci ritroviamo al vecchio castro che domina dall’alto il mare, la cittadina ed una lunga spiaggia bianca. Qualcuno si è attardato a curiosare tra le vecchie tombe di un cimitero inserito nel recinto del paleocastro che contiene anche una chiesa bizantina, che a sua volta insiste su un tempio di Apollo).

Si riprende il giro della penisola rimandando a domani la visita di Methoni. Arrivo a Pylos moderna in direzione del nostro albergo (scadentino) che sta ad una dozzina di chilometri più a nord direttamente sulla spiaggia in località Gialova. Cena in un bell’ estiatorio sul mare. Ci serve una bella, efficiente e simpatica cameriera dal nome accattivante e dai molti rimandi (Teodora). Collo di cigno e reni falcate.

Giovedì 10 settembre. Colazione davanti all’albergo, con ottimo yogurt, che ci riconcilia con una “hotelerie” precaria. Si discute, con calore, di una proposta per l’assemblea delle Nazioni Unite…

Visita al Palazzo di Nestore: la sala del trono! la vasca da bagno delle regina! Si sentivano gli aromi: rose, gelsomini, spezie. Bella tomba a tholo al di fuori del recinto del palazzo.

Visita al museo nel vicino paesino di Chora (uno dei tanti dallo stesso nome; donde “choriatichi salada”). Accanto al museo sotto una tettoia una équipe di restauratori stava lavorando al recupero di un pezzo di affresco con un delicato viso di donna . Solito raduno sotto un platano in piazza per un caffè, un raspetto d’uva e scambi di idee.

Rientro a Pilo moderna per visitarne il museo e mangiare lungo il mare tra gatti e frinire di cicale. Nel pomeriggio Rosalba rimane sul molo mentre noi percorriamo in motobarca la baia di Navarino. Splendido il nocchiero, tutto preso dai suoi viaggi per mare e dalla gloria di Navarino, quando i greci e gli alleati le dettero di santa ragione agli odiati turchi. Il risentimento contro gli infedeli gli fa soprammettere il ricordo dell’altra battaglia (quella di Sfacteria, del 424 a.c.) quando il presidio spartano si arrese (non era mai successo!) agli ateniesi. Sfacteria così diventa un momento in cui oltre a francesi, inglesi, russi, anche Ateniesi e Spartani si sarebbero messi insieme per far “un mazzo così” ai turchi. L’atmosfera era esilarante, ma anche con ché di commovente: veniva in mente il monumento ai caduti della resistenza di Leningrado dove fra i resistenti del XX secolo fa apparizione un soldato di Kutouzov.

Passiamo accanto ad un isolotto dove stavano gli inglesi e poi sostiamo a Sfacteria. Pochi passi e troviamo un monumento tombale russo ed uno strano casinò sempre russo in legno che ci invita a visitarlo e scalarne la torretta. Al reimbarco Eli tenta invano di fare un bagno: il nostro nocchiero-guida storico-turistica-eroe locale la dissuade. Rasentiamo il monumento a Santorre di Santarosa. Dietro sulla roccia, appena risaltano i colori dipinti di una bandiera italiana. Più oltre un grande arco naturale dove ribollono e si salutano le onde che si incontrano e scontrano.

Rientro per andare a Methoni, la fortezza di vari popoli. Molto grande in parte ben tenuta, in parte no. Riccardo ed altri perlustrano troppo a lungo e dobbiamo attendere che il custode racimoli gli ultimi visitatori e ci apra il cancello. Ritorno a cenare nel luogo di ieri sera accanto all’albergo sul mare, con molto vento e alquanto freddo. Ma abbiamo ben mangiato e ben bevuto quanto ci serviva la ben portante e sorridente Teodora.

Sabato 11 Settembre. Imprevedibile olimpica colazione di nettare e ambrosia (leggi yogurt e miele). Chissà se Patrick Leigh Fermor assapora le stesse delizie.

Visita alla laguna, oasi naturale e protetta, intorno alla “archea Pilo”. A mezza costa si intravede la grotta dei buoi di Nestore. La sabbiosa (pura, incontaminata sabbia di seta) baia quasi a cerchio perfetto di Voikokilia lascia a bocca aperta. È indescrivibile, bisogna solo vederla. Siamo sicuri che Pausania non ci sia andato una seconda volta lasciando una seconda traccia per i periegeti? L’ambiente, di grande suggestione, ispira ad alcuni un bagno (immersione nel “genium loci”?). Plinio, invece si abbandona alla Musa che gli ispira un carme dalla profonda coloritura giocoso realistica (Cecco Angiolieri o Ruzante, o forse Archiloco e Ipponatte). Chi scrive ha colto i versi all’impronta e li riporta in nota. (vedi Nota 1).

Trasferimento alla archea Messene. È un sito impressionante. Ci sediamo sovrastando i resti di uno dei teatri e Riccardo e Primo ci leggono ritualmente dai loro libri. Poi “spartanamente” ci disperdiamo tra le rovine. Eli ed chi scrive iniziamo il nostro percorso camminando sui grossi blocchi marmorei della fontana Arsinoe ove un tempo scorreva l’acqua che sgorgava, a monte, dalla fonte Clepsidra. Raggiungiamo poi l’immenso tempio di Asclepio con teatro (o sinedrio?) sul fianco. Tutto è in scala grandiosa. Anche lo stadio a forma di ferro di cavallo allungato. È rimasto nell’aria il vociare infervorato ed incitante degli spettatori in una bella giornata come questa di molti secoli fa. È una città adagiata su un pendio. Delfi anche è su un pendio, ma è una città sui generis. Non vi senti il pulsare della vita quotidiana degli abitanti. Qui si. Qualcuno raccoglie a ricordo pezzetti di coccio ma le guardiane gli dicono che le “petrules” non sono a asporto e le fanno rimettere a terra.

Lasciamo il sito archeologico; il museo purtroppo è chiuso, e risaliamo a mezza costa a Mavromati per il pranzo. L’estiatorio dalla parte opposta all’ampio panorama dà su una piazzetta. Vi è una fonte: un muro angolare di grosse pietre al quale si affianca una lunga stretta vasca, il tutto ombreggiato da fogliame. Qualcosa si muove nell’acqua: una lunga sinuosa forma nera che immediatamente scivola veloce e scompare in qualche foro, in qualche mavro mati (= occhio nero). Ho una specie di brivido, non di paura. La presenza di una divinità ctonia? La fonte è la Clepsidra che alimentava la fontana Arsinoe.

C’è tempo, prima di ripiegare verso Atene, di vedere una delle porte della cinta muraria di Messene. È la “porta di Arcadia”, ancora funzionante, nel senso che il traffico veicolare attuale continua a passare sotto i fornici della porta. Ha una originale struttura a pianta circolare e varie strutture asilari e templari allo esterno.

Passata l’Arcadia l’autostrada passa dietro l’Acrocorinto che Riccardo riconosce gridando e filmando. Ad ogni panorama emozionante l’equipaggio del pulmino verde per tutto il viaggio aveva ululato all’unisono, con grida di gioia.

Bel panorama lungo il percorso dell’autostrada. Uno sguardo di un attimo al Canale di Corinto. Peloponneso, ci rivedremo il prossimo anno.

A tarda sera usciamo dall’autostrada perché Riccardo deve scendere ad Eleusi (sono le nove!) per farsi tutta la via sacra a piedi! (pompè). Arriverà in albergo, appena più in là del Dipylon, verso le 2 di notte. Il resto del gruppo giustamente infila le gambe sotto un tavolo del ristorante “Platanos”, dove hanno fatto spazio per il solito mega-gruppo: arriviamo infatti dichiarandoci “dòdeka” dappertutto.

L’albergo è il solito “Thission” che questa volta Teresa non ha saputo ritrovare. Ci ha fatto da battistrada un tassista, molto laconico.

Domenica 12 settembre. Giorno di partenza. Rimarrà in Grecia solo Teresa, ancora per qualche giorno. La mattina ad Atene colazione all’aperto sulla spianata di Odos Apostolos Paulos. L’Acropoli occhieggia di fronte. Visita all’Agorà alla ricerca del tempio dedicato a tutti gli dèi che Riccardo si ostina ad inseguire nonostante sia chiaro che i “nuovi greci” lo hanno abbattuto per farci passare la metropolitana. E pensare che proprio lì si era svolto un episodio cruciale per la storia di Atene e del mondo: nei giorni dell’oltraggio delle erme (415 a.C.) un signore salito sul sacro altare si evirò di fronte a tutti e portò al massimo il risentimento contro Alcibiade. Forse fu il punto critico che fece prendere ai fatti la china che sappiamo: richiamo di Alcibiade, suo tradimento, tragedia siracusana, disfatta ateniese… Forse da quel gesto così tragico su quell’altare la storia del mondo ha preso un altro corso … e Riccardo non se ne dà pace.

Infine il mercatino di Monastiraki attrae fatalmente il nostro direttore, che compra un’ascia capace di decapitare un toro e un trapano a mano vecchio tipo. Per qualche via misteriosa riuscirà perfino a farli accettare in aereo.

Per pranzo ad Atene tutti comodamente seduti all’aperto: si mangia benissimo, meglio che nei giorni precedenti. Anche quest’anno alcuni “luoghi magici della Grecia” ci sono venuti incontro, e ognuno ricorda i propri preferiti.

Il viaggio verso l’aeroporto è problematico, si sbaglia strada, ci si ritrova quasi a Maratona… Due le interpretazioni: che la colpa sia dei soliti neo-greci che mettono le segnalazioni a caso, ovvero che le stiamo cercando tutte per perdere l’aereo e restare ancora.

Nota 1

NUTO E MASETTO

Nuto e Masetto, pinti dallo vago desio d’uccellare

Per li campi andorno in cerca della Circe,

la sirocchia de lo campanaro.

Trovata che l’ebborno domandorno

Se per essi cannellata fusse.

“No” disse la Circe “tengo lo drudo mio che la notte

E il dia, senza posa, cannellami. Ma se sia per una fiata,

cannellami prima colui cui la balestra fia maggiore”.

Nuto cannellolla. E poscia che ambedue cannellata l’ebborno,

rimesso lo vile arnese infra le brache, alla magione loro,

sereni, riedero