XVIII PERIEGESI – Civiltà cicladica:

Mylos, Ios, Amorgos, Koufonissi, Keros, Naxos, Syros

“Il culto dei morti” – “Omero”

29 Agosto – 9 Settembre 2018

I luoghi: Milos: Philakopi, isola di Kimolo (Chora, spiaggia di Kalamitsi-Bonatsa),

Milos: Plaka, Teatro Romano, Catacombe, Klimi, Mandrakia

Ios: Chora, Skarkos, Tomba di Omero, Manganaris

Amorgos: porto

Koufonissi: Castello, Dhaskalio, Kavos, Keros, Kato Koufonissi (spiaggia di Theti)

Naxos: Santuario di Dioniso, museo archeologico di Grotta, resti di Grotta

Syros: Ermoupoli, Chalandriani, Kastri, Grotta di Ferecide, Kini, Phoenike

Atene

Partecipanti: Alberto, Angela, Concetta, Cristina, Eugenia, Floriana, Franco, Laura, Nora, Novella, Primo, Riccardo, Sara, Teresa.

Mercoledi 29 agosto. Arrivo a Milos, Adamas. Il gruppo si ritrova all’aeroporto di Atene, pronto a lasciarsi alle spalle le abituali attività e già proiettato nelle suggestioni e nelle immagini che la Periegesi gli riserva, consapevole che verranno poste domande cui nessuno sa e può rispondere. Ma questo è l’esercizio dello spirito. Citando il Socrate platonico“al di là del sapere…lo studio conta per l’effetto catartico che produce sull’anima… si tratta di trascinare e sollevare verso l’alto l’occhio dell’anima immerso in un fango barbarico”. Una sorta di percorso iniziatico.

L’attesa per il volo per Milos è ingannata dalla lettura de Il Dialogo dei Meli, quinto libro de La Guerra del Peloponneso di Tucididein cui gli ambasciatori ateniesi si recano a Milo tentando di convincere i governanti dal desistere dalla loro dichiarazione di neutralità e schierarsi a fianco di Atene, come peraltro dovuto, essendo Milos membro della lega delio-attica. La perseveranza nel rifiuto finirà, come noto, nella devastazione dell’isola da parte di Atene, nel 416 a.C., ma l’interesse qui è nella dialettica tra le due parti, nell’evidenza della fragilità dell’etica e della democrazia e soprattutto nella frase lapidaria degli ambasciatori ateniesi: “la valutazione fondata sul diritto si pratica, nel ragionamento umano, solo quando si è su di una base di parità, mentre se vi è disparità di forze, i più forti esigono quanto è possibile ed i più deboli approvano”. Esiste quindi il diritto o rimane la legge del più forte? E non è forse il ruolo del diritto quello di dare pari opportunità?

Atterrati a Milos procediamo in taxi fino ad Adamas, dove ci attende l’Hotel Portiani, la prima di una serie di ottime sistemazioni. Dopo aver ammirato dalla terrazza il tramonto sul porto e dopo una rapida perlustrazione nelle immediate vicinanze, si decide di cenare al ristorante Amordo, il cui proprietario parla bene italiano, promette uno sconto e allestisce assai rapidamente la lunga tavolata. Il cibo non è entusiasmante, ma può andare. Una breve passeggiata sul porto, per qualcuno un gelato e per tutti un meritato riposo.

Giovedì 30 agosto. Philakopi e Kimolo: La colazione, ricca e variegata, strappa grida di giubilo e in effetti il Portiani ha meritato una menzione d’onore per il suo Continental Breakfast. Vengono affittate tre auto e ci rechiamo a Plaka, la città vecchia, seguendo la consuetudine periegetica che prevede come prima tappa la visita al museo, programma che peraltro viene sconvolto dall’abitudine dei Milesi di tenere chiusi i musei di giovedì. Il dato di fatto viene colto con una certa lentezza dato che voci locali parlano di temporanea assenza del custode o di apertura ritardata, forse alle dieci, ma scatta rapidamente il piano B. Si percorre l’isola verso nord diretti all’insediamento di Filakopi, esordio del nostro viaggio nella Early Bronze Age o Antico Cicladico (3000 a.C – 1900 a.C) cui seguirono le civiltà minoica e poi micenea. Viene comunemente diviso in tre fasi, con ampie variazioni temporali tra i vari autori, trattandosi ovviamente di periodi che si embricano tra di loro e segnati non tanto dalla presenza, ma dal massimo splendore delle relative civiltà.

Lo schema che segue è una sintesi un po’ arbitraria da varie fonti, utile per muoversi nel nostro viaggio nel tempo, almeno in linea di massima.

Antico Cicladico I (ACI) 3000-2800 a.C. Grotta-Pelos
Antico Cicladico II (ACII) 2800-2200 a.C. Keros-Syros-Kastri
Antico Cicladico III (ACIII) 2200-1900 a.C. Phylakopi

Il luogo è molto bello, in alto sul mare, in una giornata piena di sole, ma resa limpida dal vento. L’insediamento segna l’apogeo della civiltà di Filakopi, ma le mura che restano sono di impronta micenea. Respiriamo il genius loci;nell’antichità vi era probabilmente un santuario dedicato a deità femminili e la dea che è in ognuna di noi si rallegra e sorride benevola.

Riprendiamo le auto diretti poco più a nord, a Pollonia. Dopo una breve sosta in un simpatico bar del porticciolo, sufficiente a far impazzire il cameriere con ordinazioni concitate, reiterate e contraddittorie, ci imbarchiamo sul traghetto per Kimolo. Nel corso della navigazione si genera un dibattito sul nucleo della personalità: è questo già formato in età adolescenziale o si sviluppa più tardi, da adulti o, in altre parole, esiste un nucleo identitario costitutivo e immutabile fin da un’età precoce o siamo passibili di cambiamenti sostanziali nel corso della vita?

Una volta sbarcati ci dirigiamo rapidi al grazioso museo, situato nella Chora che domina l’isola. Solo due sale, con proiezione di un filmato sugli scavi e qualche reperto di interesse rinvenuto nell’insediamento di Filakopi.

Serpeggia desiderio di mare e di cibo e il gruppo si sposta compatto sulla spiaggia di Kalamitsi-Bonatsa che incontra il favore di tutti. Offre infatti un piccolo bar ombreggiato che propone panini e macedonia di frutta, nonché gelati e bevande, e spiaggia attrezzata con ombrelloni e lettini, su una baia con acqua limpida e poco profonda, fiancheggiata da bei grandi massi bianchi spianati

Tra un bagno e l’altro non mancano conversazioni interessanti, per esempio la riflessione di Primo su deficit e genialità: una iperdote in un settore comporta una quota di bizzarria e di inadeguatezza? Un apparente deficit non può forse aprire a visioni inconsuete e geniali della realtà? Nel mondo dell’arte non mancano esempi, basti pensare a van Gogh o a Basquiat. Per coloro che si sentono intrigati dall’argomento da tener presente che Primo sta scrivendo un libro al riguardo.

Appagati di cultura, luce e mare rientriamo all’hotel e neanche la cena scadente del solito Amordo cui facciamo pigramente ritorno scalfisce il buon umore, corroborato dal plenilunio di agosto.

Venerdì 31 agosto. Milos: Plaka, Teatro Romano, Catacombe, Klimi, Mandrakia.

Rinfrancati dalla sontuosa colazione, torniamo a Plaka, in cima alla collina. Il museo archeologico, collocato in un palazzetto neoclassico che affaccia su una piazza assai piacevole, è aperto e l’emozione davanti alla Lady di Philakopi è davvero grande. Una foto riproduce anche la collocazione che aveva all’interno del santuario che abbiamo visitato ieri. Altri oggetti disposti nelle vetrine di tre stanze testimoniano l’arte dell’Antico Cicladico II e la successiva influenza minoico-micenea a Philakopi.

Riprese le auto scendiamo verso il teatro e la zona dove è stata ritrovata nel 1877 la mitica Venere di Milo, sembra nel Gynnasium, ad opera di un contadino. Fioriscono leggende sulla agalmatofilia, l’amore per le statue, che spinse l’uomo a tentare un accoppiamento con la marmorea creatura, racconti sulle truffaldine modalità con cui il suddetto contadino l’avesse venduta contemporaneamente a un ufficiale francese all’àncora nel porto di Milos e a degli armeni che volevano regalarla al sultano, narrazioni sulla colluttazione tra gli acquirenti che vide vincitore il francese e il Museo del Louvre… Ma soprattutto sorgono fantasie sulle braccia della splendida fanciulla: al momento del ritrovamento c’erano? una o entrambe? attaccate al busto o già amputate? forse almeno una che reggeva in mano una mela (il pomo conferitole da Paride?) era ancora integra e attaccata al busto ed è andata perduta negli sballottamenti cui la bellissima è stata incautamente sottoposta?

La visita al Teatro inizialmente greco, ma ampiamente rimaneggiato dai Romani, ristrutturato di recente e sede di rappresentazioni, non è emozionante, se non per la bella vista che si gode dall’alto. Curioso il fatto che il teatro fu acquistato da Ludovico I di Baviera alla fine del XVIII secolo e quindi anche la Venere – o chi per lei, Anfitrine forse? – doveva appartenergli, essendo stata reperita in stretta vicinanza della sua proprietà.

Fa caldo, come sempre quando non soffia il vento. Qualcuno affronta i numerosi scalini che conducono alle vicine Catacombe Cristiane, visitabili solo con una guida. Rimangono le tombe ad arco e interrate, ma quasi nessun affresco o graffite di interesse.

Viene espresso il desiderio di completare la visita scendendo fino al mare, dove si apre il grazioso paesino di pescatori di Klima, già sede dell’antico porto. La scelta non si rivela delle migliori, la strada che porta al mare è stretta e tortuosa e obbliga a continui arresti e a perigliose marce indietro con conseguente consumo di freni e pneumatici. Primo, Franco e Concetta che sono alla guida mantengono l’aplomb necessario, ma difficile dire quali pensieri e invettive alberghino nel loro intimo. Sono circa le 12.30 e gli animi si surriscaldano quando, pervenuti alla mèta, ci si rende conto che non c’è molto da vedere, anche se dal basso si comprende bene come si sviluppasse l’insediamento sulle pendici della collina. Per di più il luogo non è adatto alla balneazione e vi è un unico ristorante. Si accende la discussione su fermarsi per un caffè per poi andare a cercare un posto adatto per bagno e rifocillamento, mangiare qualcosa e poi andare altrove a fare il bagno, saltare caffè e pasto e spostarsi direttamente a una spiaggia degna. Difficile immaginare persone così colte e di elevati pensieri azzuffarsi a tal proposito e non riuscire ad addivenire ad un accordo. Urge la presenza di un dittatore illuminato che, concretizzatasi nella persona di Riccardo, impone di recarsi quanto prima a Mandrakia, bella spiaggia segnalata da Irene, la figlia di Riccardo, anch’ella in vacanza a Milo con la famiglia, ma con ben altri e più saggi intenti che la inducono a esplorare lidi e baie. Sollevati dal fatto che comunque una decisione è stata presa, ripercorriamo l’isola, questa volta verso sud, godendo di panorami davvero magici.

Mandrakia il mare è un po’ agitato e ci limitiamo a bagnarci in due piccole piscine naturali che consentono di rinfrescarsi assai piacevolmente. Il ristorante sul mare ha un buon menu e la giovane cameriera albanese che parla un ottimo inglese resiste impavida alla solita girandola di ordini bizzarri, tipo quello di Riccardo che pretende “insalata greca con tzatziki al posto della feta”.

Il traghetto che ci porterà a Ios parte alle 20.00 e rientriamo in hotel molto per tempo. Su esplicita richiesta della new entryNovella – come tutti i neofiti appassionata ed instancabile, ma spesso anche assai perplessa dei costumi periegetici – ci dedichiamo a qualche lettura.

In particolare Franco legge interessanti brani da “Le vite di Omero” di Francesco de Martino: storie di Erodoto, Pseudo-Erodoto e Pseudo Plutarco sulla pseudo-vita di Omero: non è chiaro dove sia nato, molte città soprattutto dell’Asia Minore se ne contendono i natali, ma è probabile che sia morto a Ios. Suicida per non aver saputo risolvere l’indovinello propostogli da irridenti scugnizzi locali o per la stanchezza provocatagli da un eccessivo girovagare? Ma chi era Omero, un aedo cieco – indicato allora con il termine ὁ μὴ ὁρῶν, colui che non vede – che cantava storie tramandate negli anni o l’unico autore di un’opera enorme? Si apre ovviamente un’accesa quanto poco fruttuosa discussione in cui ognuno rimane sulle proprie radicate convinzioni, apparentemente ignaro del fatto che la “questione omerica” è per l’appunto una questione, dibattuta dal 1600 circa e che ha tormentato generazioni e generazioni di liceali, noi compresi.

Quando però Franco legge il brano del XV canto dell’Odissea dove Eumeo racconta a Ulisse della sua patria, Syros, – ultima tappa di questo nostro viaggio – tutti tacciono in pensieroso ascolto

Tu forse udito avrai parlare dell’isola Siria,
posta al disopra d’Ortigia. dove il sole compie il suo corso.
Molto abitata non è; ma pure offre buona dimora,
ricca di fonti e di greggi, ferace di vino e di biade.
Mai carestia non v’opprime le genti, né alcuno s’aggira
mai sui mortali grami degli altri odiosi malanni;
ma quando nella sua città giunge ognuno a vecchiaia,
Apollo vibra, vibra Artemide l’arco d’argento,
e con le frecce sue, che non dolgono, morte gl’infligge.

Ci raggiungerà tra pochi giorni la notizia del ritrovamento a Olimpia della più antica iscrizione omerica finora reperita, risalente al III sec d. C., che riporta alcuni versi del XIV canto dell’Odissea, che descrivono l’incontro tra Ulisse ed Eumeo, che non riconosce il suo re.

La navigazione in notturna da Milos a Ios, toccando Folegandros e Santorini a bordo di una nave veloce consente a ciascuno di appisolarsi, lasciar riposare la mente o affollarla ulteriormente sprofondandosi in letture. L’arrivo all’Hotel Corali, a pochi minuti di cammino dallo sbarco, è un’altra piacevole sorpresa. Immerso in un giardino pieno i fiori, in uno struggente profumo di gelsomini, è fornito di piscina, spiaggia privata e comodo bar.

È quasi mezzanotte e andiamo a letto difilata.

Sabato 1 settembre. Ios: Chora, Skarkos, Tomba di Omero, Manganaris

La colazione è un po’modesta – soprattutto confronto a quella dell’hotel di Milos – ma sufficiente. Dopo una sosta al porto per noleggiare le auto, saliamo alla Choraper visitare il piccolo museoarcheologico situato nella piazza principale. Riusciamo a portare scompiglio anche in questo placido luogo in cui sono impiegati due custodi, verosimilmente non troppo indaffarati in situazioni rutinarie. La conta degli over e under 65porta via molto tempo, richiede reiterati controlli, consegna e ritiro di biglietti e poi nuove consegne, tutto questo in un assordante vociare in italiano, greco e inglese. Ciò detto, il museo è interessante, con tableaux esplicativi, alcune statuine cicladiche e una bella stele con una iscrizione da cui si deduce che a Omero era stato dedicato un mese dell’anno, testimonianza del culto tributato al poeta nell’isola.

Proseguiamo verso l’insediamento di Skarkos, anch’esso risalente al primo cicladico antico, 3000 a.C, collocato su una collinetta e strutturato a terrazzamenti concentrici. Si riconoscono diversi edifici, verosimilmente deputati ad abitazione, stoccaggio delle merci, forse laboratori e luoghi di culto. Gli scavi in questa area hanno portato alla luce vasellame d’argilla, vasi, strumenti, frammenti di ossa di animali, conchiglie, ossidiana e le famose figurine di marmo che già abbiamo osservato nel museo di Chora. Qualcuno trova il sito un po’ troppo “ricostruito”, ma complessivamente gli interventi non sono stati pesanti e viene resa molto bene l’idea di come doveva essere all’epoca. In effetti questi scavi hanno anche meritato un premio di Europa Nostra nel 2008.

Proseguiamo per la Tomba di Omero, nell’estremo nord dell’isola. La strada per raggiungerla si inerpica in ripidi tornanti e a ogni curva si apre un magnifico panorama che consente anche di vedere l’insediamento di Skarkos dall’alto, comprendendone con maggior chiarezza la struttura. Giunti alla mèta una breve salita ci porta a uno spiazzo circolare con bella vista. Da qui un sentiero procede fino alle rocce sul mare tra le quali si apre una sorta di alcova dove è posta una lapida che commemora Omero. Tutto intorno i passanti hanno eretto piccole colonne di pietre sovrapposte. L’ambiente è molto suggestivo, Riccardo cade in ginocchio e anche chiassosi ragazzi di passaggio tacciono. Scattiamo foto e lasciamo vagare gli occhi sull’ampio panorama, respirando l’aria profumata.

Tornando ci fermiamo allo spiazzo d’ingresso, coperto da una tettoia di canniccio e lungo la cui circonferenza corre un lungo sedile di pietra, spira una brezza sottile, non c’è nessuno tranne noi… È il luogo ideale per una riflessione su Omero e il valore ineludibile del mito. Franco e Sara leggono brani dei loro libri: sembra che il Ciclo Troiano sia il frutto di una narrazione orale cantata negli anni e nei secoli dagli aedi, seguendo un canone preciso, con ben identificate stereotipie. Nel V secolo per volere di Pisistrato che desiderava venissero recitate durante le Panatenee i poemi vennero messi per iscritto. Ma solo nel II sec a.C. Aristarco di Samotracia raccolse l’Iliade e l’Odissea in una struttura organica, verosimilmente eliminando parti ridondanti o incongruenti e mettendo la punteggiatura. Così il poema epico iniziò ad essere letto dai rapsodi e può darsi che fiorissero allora leggende sull’ipotetico autore, forse un aedo cieco. Questa visione “scientifica” della questione non convince Riccardo, che stenta a rinunciare all’idea di un padre fondatore dell’epica, di una figura da venerare e di cui riconoscere la genialità. Sull’argomento si accende una accanita discussione, con argomentazioni interessanti, tanto interessanti che una giovane coppia di Brescia che passa di lì, lui laureato in filosofia, si ferma ad ascoltare e chiede rispettosamente di poter assistere al dibattito. Non sappiamo che idea si siano fatti della bizzarra accolita.

Viene deciso di andare al mare a Manganaris, al capo opposto dell’isola, estremo sud. Il percorso è magnifico con ampie vedute sulla costa. La spiaggia è dotata di un buon ristorante. L’andare e venire dei commensali che lasciano ordini e poi spariscono per poi riapparire magicamente, per non parlare di chi si siede, ma non mangia, o pensa di servirsi da solo di bevande manda in tilt il cameriere, che – esausto – preferisce farsi sostituire da un collega più giovane. Anche questa volta riusciamo ad assumere una discreta quantità di cibo, per poi spiaggiarci tranquillamente su appositi lettini. L’acqua fresca, bassa e limpida è di grande ristoro. Rientriamo al tramonto e troviamo Eugenia che ci ha raggiunto di ritorno da una settimana di trekking a Ikaria. Ceniamo in un ristorante vicino all’albergo, Susanna, sul porto, senza infamia e senza lode, serviti da uno stralunato ragazzo che parla un buon italiano, anche lui un po’ sconvolto dalle nostre ordinazioni, ma – notiamo con piacere – attento e disponibile nei confronti della nostra impareggiabile Teresa che, munita di lampadina tascabile, decifra il menu con ieratica impassibilità.

Alcune di noi proseguono per una passeggiata digestiva lungo il mare e concludono la serata bevendo succhi di frutta nel bel giardino dell’hotel.

Domenica 2 settembre. Da Ios a Koufunissi. Risveglio tranquillo e mattinata libera: chi studia, chi legge, chi completa scritti, chi fa shopping, chi approfitta della spiaggia dell’hotel e financo della piscina e della Jacuzzi in essa incorporata.

Alle 13.00 circa ci imbarchiamo alla volta di Koufunissi. Il mare è agitato, ma splende un sole magnifico. Facciamo scalo ad Amorgos, il tempo di un gelato e di un breve giro nei bei negozietti delle stradine intorno al porto e riprendiamo la navigazione. In poco più di mezz’ora arriviamo a destinazione in un tramonto che accende di bagliori rossastri la magica isola di Keros, forse il cloudella nostra periegesi.

Al porto ci attende il pullmino che ci trasferisce al Koufunisia Hotel, anche questo ottimo, anche se qualcuno rimarca che non meriterebbe le quattro stelle che gli sono state assegnate. Passeggiamo per le piacevoli stradine Koufunissi e ceniamo al Mikres Cyclades, un locale fuor del comune per lo standard greco, molto curato e con cucina raffinata. Un po’ rumoroso e con aria condizionata non sempre orientata secondo i desideri, ma cena davvero piacevolissima. Koufunissi è allegra e movimentata, ma non eccessiva.

Lunedi 3 settembre. Keros e Kato Koufonissi. Ci attende una giornata avventurosa, intellettualmente parlando. La nostra Nora che a tutto provvede ha ingaggiato tale Capitan Costa che ci condurrà in caicco a fare il giro di Keros e quindi a Kato Koufonissi.

Peccato che il vento e il mare un po’inquieto facciano desistere Angela, Franco e Floriana. Rinuncia anche Riccardo, per pressanti impegni di lavoro. Il nocchiero – un attempato marinaio che scopriremo poi essere il ras dell’isola – è molto disponibile a parole, meno nei fatti. Sostiene che il mare non consente l’intero periplo dell’isola e propone un giro un po’ ristretto, ma comunque interessante. Prima Castelli, dove si aprono grotte con acqua trasparente, di un verde intenso. Poi l’isolotto di DhaskalioKavos, un tempo unito a Keros e ora distante solo una cinquantina di metri, pullulante di archeologi intenti agli scavi. Costeggiamo Keros, ora completamente disabitata e non visitabile a causa dell’enorme ricchezza di reperti archeologici che ancora devono essere portati alla luce. In realtà l’isola è stata vittima nel dopoguerra di “tombaroli” che hanno trafugato molti reperti, acquistati da mercanti d’arte e venduti a caro prezzo a collezionisti privati, ma anche a musei. Non tutto il male viene per nuocere però, perché gli interessantissimi studi su Keros, condotti principalmente da Colin Renfrew a partire dagli anni ’60 del secolo scorso, scaturiscono dal suo incontro casuale con uno di tali reperti esposto in un museo di Basilea.

Il dato di maggior interesse emerso da allora e arricchitosi nel corso dei decenni successivi è il reperimento di una grande quantità di oggetti risalenti all’Antico Cicladico II, 2500 circa a.C, che rappresentano la più ricca testimonianza dell’Antica Età del Bronzo nell’Egeo. Si tratta di statuine antropomorfe in marmo, spezzate, sembra volontariamente, in due o più parti, più frequentemente a metà, con il busto e il capo da una parte e gli arti inferiori dall’altra, insieme a ciotole in marmo e vasellame, anch’esso volontariamente rotto. Il significato di tale rituale rimane oscuro, come oscuro è il significato dell’insediamento: un santuario? E a quale divinità? Un cimitero o comunque un luogo legato al culto dei morti? Non sembra siano stati rinvenuti resti umani.

Mentre navighiamo da Keros verso la vicina Kato Koufonissi la fervida fantasia periegetica non ha più freni: un luogo sacro mèta di un pellegrinaggio in cui venivano portate statue votive; un luogo di raccolta di immagini sacre non più in uso, ma che non potevano essere gettate via; un’isola consacrata ai defunti e le figurine nonché il vasellame rappresentano servitori o persone che potrebbero rivelarsi utili nell’aldilà, forse non volontariamente spezzate, ma rotte per incuria da predatori di tombe, come le braccia della fanciulla di Milo, sebbene il dato che le statuine e il vasellame spezzati siano emersi anche in luoghi scavati di recente, non profanati da ladri, rendano tale ipotesi improbabile; un luogo dove si svolgevano riti misterici che prevedevano rituali con frammentazione di oggetti; o forse – come sembra più plausibile – un luogo di raccolta, in cui oggetti forse votivi utilizzati in cerimonie e processioni in molti luoghi diversi del mar Egeo venissero spezzati e poi portati a Keros in una giornata particolare e secondo una particolare cerimonia. Rimane però da capire il significato della “rottura rituale”.

La vista di una baia con mare estremamente invitante, la spiaggia di Theti, mette una pausa alla vivace conversazione e chiediamo a Costas di fermare il natante. Presto fatto, ci è concesso di immergerci, ma – per motivi che ci sfuggono – per non più di mezz’ora. Alle 11.30 in punto tutti a bordo. Ci deliziamo di un bagno veramente stupendo, per la limpidezza dell’acqua, la brezza rigenerante, il sole vivificante, ma anche per la consapevolezza che quel mare non è un mare qualsiasi, è il mar Egeo e sentiamo che qui sono le nostre origini. Felici come bambini ci lasciamo condurre allo sbarco a Kato Koufonissi; sul piccolo molo sorge un’unica, leggiadra palma che riporta la mente a Delo e ai versi immortali con cui Ulisse si rivolge a Nausica:

Tal quello era bensì, che un giorno in Delo, presso l’ara di Apollo ergersi io vidi nuovo rampollo di mirabil palma…”

A pochi metri c’è la taberna Venetsanos, molto particolare, coperta da un pergolato e arredata con sedie e tavolini colorati. Occupiamo un lungo tavolo che ci ospiti tutti e alcuni si concedono un ulteriore bagno nelle spiaggette lì vicino. Le ordinazioni vengono fatte de visu, cioè ognuno va nel retro della taverna e indica cosa desidera, così non si sbaglia. Ottimi i ceci, le melanzane e anche la classica insalata greca.

Durante il pranzo riprende la discussione: Primo mostra gli articoli inerenti le statuette di Keros e leggiamo un brano da un testo che Riccardo ci ha dato come viatico relativo all’usanza sarda di mettere nelle tombe delle bamboline di vari materiali – piseddas o venerette – come accompagnamento al defunto cosicché, non sentendosi solo, non sia preso dalla tentazione di tornare sulla terra e portare con sé nell’oltretomba qualcun altro. In particolare si ha cura di porre le bamboline nelle tombe di ragazzi e ragazze che, deceduti precocemente, preferirebbero rapire come compagnia nell’aldilà persone giovani. Il tipo di materiale con cui vengono confezionate le figurine denota il censo del defunto ed è probabile che quelle costruite con materiali poveri come stoffa e sughero siano andate perdute. Sembra che questa usanza fosse presente anche tra gli Egizi, dove alle statuette venivano amputati i piedi, perché non fuggissero e, se femminili, anche le braccia, perché non opponessero resistenza.

L’atmosfera è proprio quella della Periegesi e a completarla arriva un nutrito gruppo di giovani archeologi, quelli avvistati a Dhaskalios, desiderosi di rifocillarsi. Primo cerca di intervistare il giovane oste in merito a possibili scavi a Kato Koufonissi, ma non ottiene molta soddisfazione. È probabile che non vengano date notizie a possibili predatori di siti.

Ancora qualche bagno e una breve passeggiata fino alla candida e lineare chiesetta di Pantaghia poi ci mettiamo in attesa del nostro marinaio, che aveva promesso di venirci a riprendere alle 15.30. Il mare si sta alzando e di lui nessuna traccia. Alla fine ci vien detto di salire sul traghetto che fa servizio regolare tra Kato Koufonissi e Koufonisia. Tra spruzzi e ondate arriviamo in porto e quindi in hotel. Bella doccia e poi a cena in un luogo piacevole (ristorante Melissa), già sperimentato da Franco e Angela a pranzo.

Il programma del giorno dopo è mutato per lo sciopero dei traghetti che persiste. Fortunatamente Nora, informandosi sull’orario del checkout, ne viene casualmente a conoscenza e con una prontezza di spirito davvero ammirevole si precipita insieme a Concetta a fare i biglietti per l’unico traghetto in partenza per Naxos domani mattina presto. L’incidente – di cui non abbiamo nemmeno avuto il tempo di preoccuparci – non ci turba. È stata davvero una magnifica giornata.

Anche Cristina che doveva assolutamente fare ritorno a Napoli si rassegna a proseguire con noi. Non ci si può opporre al Fato

Martedì 4 settembre. Naxos. Alle 7 tutti a far colazione e poi all’imbarco. Dopo tre ore di navigazione arriviamo a Naxos che ci sembra rumorosa e caotica. Incertezze sul da farsi: andare subito al museo con le valigie? Al museo dopo aver lasciato le valigie in un deposito? In albergo e poi al museo? A piedi? In taxi? Il gruppo si sbanda e ha il sopravvento la istintiva reazione periegetica “Io vo…ognun per sé e Dio per tutti”. Dopo poco ci ritroviamo al Porto Naxos Hotel, lo stesso della periegesi 2011 in cui si tenne il convegno su Arianna. Tutti accaldati e qualcuno sfinito, veniamo accolti da aria condizionata a palla e bicchieri di acqua gelata. Rinfrancati, ci dirigiamo al museo archeologico di Naxos, dove vediamo alcune belle statuette cicladiche e vasi micenei, uno dei quali – con grande entusiasmo di Franco – riporta figure umane stilizzate, eventualità effettivamente molto rara in età micenea.

Nel frattempo Cristina ha trovato fortuitamente un traghetto per Sounio e, sempre seguendo il Fato, ci ha lasciato. Si pone nuovamente la questione pranzo. Scendiamo sul lungo mare e ci accomodiamo ognuno secondo i sui gusti. Viene decretato riposo per almeno tre ore. Ci rivediamo nella hall per un programma che comunque sembra già fatto e di nuovo sul lungomare per la cena nel ristorante dove alcuni avevano già pranzato. Poi chi in taxi, chi a piedi torniamo in hotel.

Mercoledì 5 settembre. Syros. Ancora un cambiamento dovuto all’instabilità del trasporto marittimo greco. Niente Mikonos, ma diretti a Syros con partenza nel pomeriggio.

Questo consente di godere a pieno della lussuosa colazione, molto gratificante, e di far sì che ognuno scelga come meglio passare la mattinata. Alcuni si danno alla lettura di poesie – che ci è un po’ mancata in verità in questo viaggio – a bordo piscina. Riccardo, Nora, Novella, Teresa e Alberto si recano a rendere omaggio a Dioniso al tempio a lui dedicato e, sotto gli alberi dello stesso boschetto del 2011, leggono testi dedicati al luogo e ascoltano componimenti di Riccardo. In effetti Naxos è l’isola di Dioniso, ricca di viti e anche di vino, e qui il dio apparve ad Arianna con il suo allegro corteo per consolarla e conferirle un futuro di dea e regina in cui ormai disperava, almeno questa è la versione del mito che preferiscono i fautori dell’happy end.

Concetta, Primo, Eugenia e Laura si dirigono invece a visitare, in prossimità del porto, il museo archeologico di Grotta che conserva alcuni resti di mura micenee, vasellame della fine dell’Età del bronzo, dell’VIII sec A.C. e anche di epoca Romana. Ci si spinge anche all’esterno, su una collina immediatamente nei pressi, a cercare i fantomatici resti di Grotta, il più antico insediamento dell’Antico cicladico, risalente al 3000-2800 a.C, di cui tuttavia nemmeno la più fervida fantasia periegetica può scorgere alcunché. Piacevole la sosta nella piccola chiesa ortodossa lì nei pressi.

Il gruppo si riunisce e si imbarca non senza pena e ritardi sul traghetto per Syros, dove arriviamo al tramonto. La città – Ermoupoli– ha un aspetto piacevole, all’àncora in porto molti vascelli alberati, sembra di cogliere un’impronta ottomana. In effetti l’isola – al di là della civiltà cicladica i cui resti andremo ad esplorare – ha conosciuto secoli bui e solo nel XIX secolo è fiorita, grazie soprattutto all’immigrazione dei commercianti e degli armatori di Chio e di altre città greche in fuga dai Turchi dopo il fallimento dei moti rivoluzionari del 1821 e rifugiati a Syros in virtù della sua neutralità nel conflitto greco-turco. Mentre gli isolani, ridotti a poche migliaia, si ritiravano sulle colline, in riva al mare veniva edificata la città, dedicata appunto a Hermes, protettore dei viaggiatori e dei commerci.

L’Hotel Hermes ha un’ampia terrazza con tavolini, bellissima vista sul mare sul quale si stagliano i profili di Tinos, Mikonos e della sacra Delos non lontane e discesa a mare, che viene rapidamente utilizzata da alcuni per un tuffo agli ultimi raggi di sole. È indetta una riunione “non obbligatoria” per riflessioni e letture in cui si parla di Dioniso, il cui tempio a Naxos alcuni di noi hanno visitato stamattina e del valore irrinunciabile della poesia, di cui Omero è fulgido esempio e al quale Riccardo dedica una sua ode.

Ceniamo in un locale sul porto, mediocremente, ma ci consoliamo con un gelato consumato passeggiando nelle strade interne della cittadina, che si rivela assai piacevole, contenti del programma che ci attende domani e di cui come sempre siamo grati a Primo, Riccardo, Nora e Concetta.

Giovedì 6 settembre. Syros: Chalandriani, Kastri, Grotta di Ferecide, Kini, Phoenike

Colazione e tutti su bus privato con autista. Ci inerpichiamo su una strada a tornanti che sale verso il nord dell’isola offrendo panorami suggestivi sul mare e le baie che vi si aprono. La mèta è una necropoli cicladica, Chalandriani, e quindi l’antico insediamento di Kastri. Si tratta di due siti appartenenti alla fine del secondo Antico Cicladico, quindi 2600-2300 a.C., lievemente più tardi rispetto a Keros. Anche qui sono stati rinvenuti un esteso cimitero e molti oggetti, testimonianze di una civiltà avanzata e che vedremo domani al museo archeologico di Syros.

Viene annunciato che i volenterosi potranno scendere e avventurarsi a piedi per un percorso di cui nessuno sa nulla, autista e guida di sostegno giunta per assistenza al guidatore compresi. Gli astanti vengono avvertiti che affronteranno il percorso – di lunghezza e asperità mal quantificabili a priori – a piedi e a loro rischio e pericolo. Pertanto solo i più spavaldi si avventurano su un sentiero che presto diviene del tutto impraticabile e di cui si perdono le tracce. Ci contentiamo di osservare alcune tombe dell’antica Chalandriani, ormai ricoperte d vegetazione e segnate da dei picchetti metallici, mentre guardiamo a distanza la collina di fronte a noi su cui dovrebbe sorgere l’insediamento di Kastri. Gli oggetti ritrovati nel corso di questi scavi sono stati di grande importanza per comprendere i rituali funebri e quindi l’assetto della società dell’antica Syros.

Un po’ delusi, ma non scoraggiati, ci facciamo condurre alla Grotta di Ferecide. L’amore periegetico per le grotte è noto, dato il loro intenso valore simbolico in termini iniziatici – discesa e risalita, passaggio dall’oscurità alla luce, emersione dal ventre della madre terra – e tornano alla mente le escursioni alla grotta di Zas a Naxos, a quella di Pitagora a Samos e a quella delle Ninfe a Itaca, solo per citarne alcune, già esplorate in precedenti Periegesi. Ferecide – di cui è presente un busto a Ermoupoli – fu, si dice, maestro di Pitagora e autore di una Teogonia. La strada non è difficile, ma lunga e anche qui i più saggi preferiscono desistere; si inoltrano Riccardo, Primo, Concetta, Eugenia, Angela, Franco e Laura. Il sole batte impietoso, ma dal cammino a mezza costa si gode un bel panorama sul mare. Rimaniamo esterrefatti dalla quantità di rifiuti di plastica giacenti tra gli arbusti riarsi, non è chiaro se incivilmente gettati a bella posta o trasportati dal vento dalla vicina discarica. Dopo circa 40 minuti di cammino arriviamo in vista della grotta, per raggiungerla è necessario arrampicarsi per un breve tratto su roccia. Primo ed Eugenia sono già lì, Franco decide che non ne vale proprio la pena tanto s’è capito di che si tratta, Angela esita, ma scoraggiata dal coniuge desiste. Riccardo preso dal sacro fuoco si lancia in avanti, Laura e Concetta seguono. All’ombra dell’antro si discute delle origini del mondo: tutto nasce da un uovo il cui guscio si increspa, come piace a Riccardo, o dal lunghissimo amplesso sacro tra Urano e Gea per cui propendono Laura e Primo, o – come sostiene Ferecide – all’inizio erano Zas, Chronos e Chtonie. Lei si toglie il velo – si disvela – e Zas la ricopre con il mantello da lui stesso ricamato, su cui sono raffigurati Terra, Ogeno, monti, valli, le città degli dèi e degli uomini e “a Chtonie toccò il nome Terra dopo che Zas la onorò dandole in dono la terra”. Ferecide ha segnato il passaggio dalla poesia alla prosa, tra la mitologia e il pensiero filosofico. Se ne duole Riccardo, ma quanta poesia in questa narrazione teogonica?

Scattiamo foto per gli scettici che non crederanno alla nostra impresa e riprendiamo la via del ritorno per farci condurre poco lontano, a Kini, dove ci accolgono un bel mare e una gradevole locanda, di cui Primo conserva i recapiti, mossa che si rivelerà molto utile quando, diverse ore dopo, Riccardo scoprirà di aver dimenticato lì il telefonino che verrà recuperato in serata.

Non ancora appagati ci spostiamo alla spiaggia di Phoenike per godere ancora di mare e sole su spiaggia attrezzata o di caffè e dotte conversazioni all’ombra di un grazioso bar, secondo le preferenze. Torniamo in autobus, la strada è bella, tortuosa, panoramica, scorgiamo dall’alto la accattivante baia di Vari, sulle cime delle alture si stagliano le pale eoliche, a bordo si intessono conversazioni. Spunta un nuovo argomento: gli Ioni. Riccardo avanza una ipotesi ardita: le popolazioni Ioniche, originarie del ceppo Indoeuropeo caucasico, non sarebbero scese verso le isole dell’Egeo e poi sulle coste dell’Asia Minore come comunemente si crede, ma potrebbero essere migrate in senso opposto dall’Asia verso la Grecia. Un supporto a questa teoria meno popolare gli viene da Joseph Maran che, sulla base di reperti di statuine votive con maschere d’oro di tipica fattura orientale rinvenuti nel santuario di Philakopi, a Milos, propende per un possibile influsso dell’Asia Minore sul culto cicladico, in accordo con una teoria “diffusionista” della civiltà da Oriente verso Occidente, contrapposta a quella “di uno sviluppo autoctono” dal neolitico all’età del bronzo, come sostenuta da ColinRenfrew.

La discussione prende toni un po’ aspri, ma arriva fulmineo e irridente il whatsappdi Sara: “Girano le pale eoliche ed anche gli Ioni”.

Per la cena, memori della passeggiata serale del giorno precedente, ci orientiamo per alcuni locali che ci sembravano invitanti situati nelle strade interne, ma qualcuno preferisce il lungomare.

Il “Seminario” – con buona cucina greca rivisitata e ingentilita e abbellito da una  tettoia di boungaville bianche e rosa – ospita Teresa, Sara, Eugenia, Alberto e Laura. Si riprende la conversazione sulle lingue indoeuropee, grazie alle approfondite letture di Sara e alle conoscenze linguistiche di Alberto. Sembra sufficientemente dimostrata, e recentemente suffragata anche da dati di genetica, l’ipotesi già avanzata sulla base di reperti archeologici che un nucleo di popolazioni di origine anatolica – gli Indo-Europei – si siano diffusi per migrazioni successive in Europa e in India, dando luogo alle diverse lingue Indoeuropee, le più parlate nel mondo, cui tuttavia non appartengono il basco, il finnico e l’estone, ma senz’altro il miceneo e quindi lo ionico, il dorico e l’eolico.

Ci ritroviamo poi tutti sulla terrazza dell’hotel per parlare della prossima periegesi. Vengono proposte Eubea, con o senza Attica, Beozia con Tebe e Delfi, Creta, le seconde due già visitate in precedenti periegesi. L’ipotesi dell’Eubea tramonta rapidamente. Rimangono Beozia e Creta, ma poi viene proposta anche una periegesi turca partendo da Ankara. Si raccolgono consensi e dissensi, ma è tardi, gli animi sono forse un po’ tesi per la lunga giornata, meglio rimandare la votazione a domani e che la notte porti consiglio.

Venerdì 7 settembre. Ermoupoli e Anosyros. Ci avviamo in ordine sparso verso il museoarcheologico, situato in un’ala dell’edificio più rappresentativo della città, il palazzo del Municipio, in piazza Miaoulis, già piazza Ottone.

È infatti a Ottone di Wittelsbach, principe di Baviera, divenuto nel 1832, appena diciassettenne, sovrano della neonata nazione greca per volontà delle potenze protettrici – Francia, Gran Bretagna e Russia – che si deve l’impianto urbanistico di Ermoupoli, ordinato e nel complesso omogeneo, con strade lastricate ed edifici in stile neoclassico.

Il museo è molto piccolo, ma ci regala degli oggetti di grande interesse. In primis la foto del sito di Kastri che non siamo riusciti a raggiungere, poi statuette cicladiche rappresentanti figure femminili in evidente stato di gravidanza, eventualità che non avevamo ancora incontrato e che abbiamo visto solo qui. Infine le strane “padelle” ricche di motivi simbolici, come spirali forse riferite alle onde del mare o alla spirale del tempo, e il disegno di un pube femminile piuttosto dettagliato. Non è chiaro il significato e l’uso di tali oggetti, rinvenuti nelle tombe e indicativi dell’età e dello stato sociale del defunto: specchi, utensili per la preparazione del cibo, strumenti utilizzati ritualmente? Interessante anche la foto del reperimento in una tomba di una delle ormai note statuine cicladiche posta sul vertice del cranio del defunto, il cui significato ancora una volta sfugge. Di vertice in genere si nasce alla vita, con la stessa presentazione si giunge nell’oltretomba?

Passeggiamo ancora e saliamo a piedi per quasi un chilometro attraverso lunghe scalinate popolate da ampi gruppi di gattini, ma né Nora né Teresa sono con noi per rallegrarsene e nutrirli. Giungiamo fino ad Anosiro, la città vecchia, dove sorgono la Chiesa Ortodossa della Resurrezione e, su un’altra collina, la Chiesa dei Cappuccini. Il panorama dall’alto abbraccia la vista delle Cicladi: Andros, Tinos, Mikonos, Delos. Scendendo ci fermiamo alla chiesa ortodossa di San Nicola. A Syros abbondano, oltre alle chiese ortodosse, anche quelle cattoliche, grazie all’opera di conversione operata nel 1600 dai Gesuiti e dai Cappuccini e al protettorato dei Francesi. L’immigrazione greco-ortodossa spinse poi i cattolici all’interno dell’isola.

Per pranzo torniamo, questa volta tutti o quasi, al Seminario. Recuperate le valigie ci rechiamo al porto e ci imbarchiamo sul traghetto veloce che ci porterà al Pireo. La navigazione è allietata da un magnifico tramonto che concilia riflessioni individuali sulle mille suggestioni che come sempre questo viaggio ci ha portato. Ci districhiamo nella folla del Pireo, raggiungiamo la metropolitana e arriviamo ad Atene (Monastiraki). Stanchi e confusi procediamo grazie al GPS di Alberto fino all’Arion Hotel, situato in un quartiere degradato ed estremamente rumoroso.

La ricerca di un ristorante per a cena si rivela complicata, ovunque imperversano musicisti di strada di non buon livello. Infine ci rifugiamo in un locale, Aeschilus, che dispone di un ampio giardino interno dove il fracasso giunge attutito. Dopo cena saliamo alla terrazza dell’albergo e restiamo estasiati alla vista del Partenone illuminato, ancora qualche riflessione sulla potenza, la profondità psicologica e la universalità dei versi omerici dei quali non si può davvero fare a meno.

Riccardo ribadisce la necessità di avvicinarsi ai luoghi del mito con devozione, recuperando una dimensione soggettiva e una religiosità dei simboli, mentre a suo parere l’aspetto tecnico-documentaristico rischia, se esasperato, di essere dissacrante. Si discute: è vero che il metodo scientifico si limita ad aumentare la veridicità dei fatti senza tuttavia essere in grado di conferir loro un senso, ma la conoscenza non contraddice la poesia o il senso del divino, anzi la esalta. Come un astronomo o un musicista che più dei profani apprezzano la meraviglia dell’universo o l’armonia della musica.

Sabato 8 settembre. Atene. Dopo colazione ci riuniamo per votare la prossima Periegesi. Le regole del voto appaiono fumose. Per alzata di mano, si può votare per più opzioni, poi in un eventuale ballottaggio per una sola. Non ammessi gli assenti, tranne Isa che ha espresso da tempo il desiderio di partecipare e che assente certo non può dirsi, data la costante, affettuosa e sagace presenza con cui ci ha seguiti passo passo e di cui quindi si accetta il voto per via telematica. Le alzate di mano si accavallano disordinatamente, le due proposte sono alla pari, sembra affiorare di nuovo con un certo vigore la proposta di una periegesi turca.  Siamo nell’impasse, ma a un certo punto la voce profonda e sicura di Franco annuncia: “Si va a Creta!” Soddisfazione e sollievo, anche da parte di chi preferiva altro.

La giornata è libera, un gruppo consistente si avvia al museo Benaki, attratto – oltre che dai reperti lì raccolti – da una mostra fotografica di Jane Leigh Fermor, la enigmatica moglie dello scrittore Patrick Leigh Fermor, il cui testo Mani è stato letto da molti periegeti. Le foto ritraggono una Grecia della metà del ‘900 che per certi aspetti ricorda la nostra Italia del dopoguerra. Interessante.

Dopo un buon caffè sulla terrazza del Benaki ci trasferiamo al Museo Archeologico Nazionale dove, consumato un frugale pasto, ognuno si disperde come crede.

La sezione cicladica non ha per noi più segreti ed è bello rivedere in una chiara e coerente esposizione tanti oggetti provenienti dai siti che abbiamo visitato.

Visitiamo anche la mostra su La Bellezza e poi si impone una breve visita alla sezione minoico-micenea, come preludio alla prossima periegesi.

Piove, qualcuno ne approfitta per una pausa in hotel, altri per un caffè in locale panoramico, Laura e Novella esplorano Anafiotika, un piccolo quartiere ai piedi dell’Acropoli con casette tipicamente greche, colorate e molto curate, risalenti alla fase pre-neoclassica di Atene. Riccardo parte, solo, per il consueto pellegrinaggio a Eleusi.

Per cena torniamo da Aeschilus, tranquillo e vicino a casa. Riccardo ci raggiunge e concludiamo la serata sul roofdell’hotel, sotto lo sguardo benigno del Partenone, per scambiarci ringraziamenti e saluti.

Domenica 9 settembre. Verso casa. Colazione veloce alle 7 per la maggior parte di noi che ha il volo per Roma alle 10.00. Sara e Floriana partono nel pomeriggio. Tutto procede liscio. Ognuno fa ritorno a casa con il suo bagaglio di ricordi, immagini e pensieri, ancora una volta stupiti da alcune inattese bellezze e dalla nostra capacità di essere periegeti, pare per sempre. Con le parole di Patrick Leigh Fermor, alla prossima

APPENDICE

EARLY BRONZE AGE NELLE ISOLE CICLADI

OMERO

Vite di Omero, Francesco De Martino

SYROS E FERECIDE

GLI IONI

https://it.wikipedia.org/wiki/Ioni

Isole e miti del Mar Egeo, Giorgio Ieranò

Un’estate con Omero, Sylvain Tesson