VI PERIEGESI – Diario Creta

1-10 Settembre 2006

I luoghi: Iraklion, Mallia, grotta di Ilizia, Amniso, Knosso, Monte Iukta, Festo, Hagia Triada, Matala, Gortina, Monte Ida (Antro Ideo), Psichrò (Antro Ditteo), Aptera, Chania, Falassarna, Polyrinia, Rethimno, Gournià, Vasiliki, Ierapetra, isolotto di Chrissi, Kato Zakros, spiaggia di Chiona, santuario rupestre di Petsofà, Itanos, Bai, Iraklion, Atene.

Partecipanti: Alberto, Anna Maria, Carmen, Cristina L., Eli, Laura Bi., Marcello, Marco, Mesa, Nicoletta G., Nicoletta O., Nora, Plinio, Primo, Riccardo, Sara, Silvia, Teresa

Venerdì 1 settembre. Si parte da Roma. Arrivo un po’ ondeggiante a Iraklion per via del vento forte. C’era stata burrasca la notte prima e soffiava ancora un vento assai gagliardo da nord-nordovest. Si litiga subito con la noleggiatrice di pullmini che voleva affibbiarci una macchina incidentata con una crepa sul parabrezza. Risolviamo l’incidente rivolgendoci alla concorrenza e prendendo da lei solo il pullmino Peugeot che ha il bagagliaio un po’ più piccolo. Si va in città all’hotel Irini dove ci aspetta gentile Alberto Langone. Sempre lui ci guida a un ottimo ristorantino, dove non battono ciglio a sentire che siamo ben 18 e ci apparecchiano prontamente nonostante l’ora un po’ tarda. Nicoletta O. assaggia per la prima volta le crocchette di zucchini che saranno per lei (e altri) una costante del soggiorno cretese; ci sono poi le immancabili “sardelas”.

Sabato 2 settembre. Visita a Mallia sul versante nord, vicino al mare; dietro al palazzo minoico bei fianchi di montagne. Per vedere la grotta di Ilizia, Eli scivola sul sentiero roccioso e si rompe un braccio. Eppure non è venerdì, giorno delle streghe. Mentre l’accompagnano al pronto soccorso di Iraklio (dove la tirano e la ingessano, e lei stoica, povera Eli! ma pare che la curino bene) il resto del gruppo va a pranzare sul mare ad Amniso (l’antico porto di Knosso) dove Nicoletta O. fa anche il bagno, subito inibita da un bagnino iper-prudente. Nel pomeriggio a Knosso, visita del palazzo. Si vede la via sacra, le scalinate, il grande cortile e tutto il resto. Bei pini tutt’intorno. Il palazzo non è su terreno piatto come credevamo, ma è mosso su leggeri pendii, su cui giocano i vari piani. C’è molta ricostruzione, con sospetto di decisioni arbitrarie di Evans. Però a volte anche i pilastri di cemento servono a mantenere visibili i più piani sovrapposti della costruzione. Le piccole valli circostanti sono verdi e le colline luminose. Sciamano valanghe di turisti, ma per fortuna lo spazio è grande.

Riusciamo infine a raggiungere il monte Iukta, un cocuzzolo di ca. 400 m. dietro a Knosso, dove speriamo di trovare la grotta dove dorme Zeus. Bellissimo nel tramonto, ma lassù in cima soffia un vento micidiale, corriamo per scaldarci, sia in salita che in discesa. Primo scavalca una rete di filo spinato per entrare nella zona sacra. Si cena infine ad Archanes, in piazza, dopo aver intravisto un matrimonio greco davanti alla bella chiesina.

Domenica 3 settembre. Subito a Festo (Phaistos) a visitare il palazzo minoico, scavato dagli italiani ai primi del ’900. Bello e semplice, senza ricostruzioni eccessive; si adagia in leggerissimo pendio, e guarda dall’alto la splendida piana della Messarà, tutta coltivata e verde. Più lontano, a ovest, il mare Libico. Il sole splende, le bougainvillee sono fiorite. Il palazzo è orientato verso il monte Ida, che ci guarda dall’alto coi suoi due cornetti; si vede a occhio nudo lassù la grotta di Kamares, che ha dato il nome ai famosi vasi; è un buco nero nella roccia rovente.

Si passa alla bellissima Hagía Triáda, sovrastata da una chiesina medievale dedicata a S. Giorgio, tra i pini. Il mare è più vicino. Ci si va, fermandosi alla bellissima spiaggia di Matala. L’acqua blu scura è molto calda; una parete di roccia gialla stratificata è tutta sforacchiata di grotte e buchi di un’antica necropoli. Si nuota un bel po’ in questo splendido mare, e si mangia sulla spiaggia sotto una tettoia, da un omino che rimane attonito a sentire che quella poteva essere la spiaggia di Europa e il Toro.

Nella spiaggia accanto, a Kalamaki (zona di Komos), tira un gran vento, e nessuno si tuffa. Sulla spiaggia, recintato ma incustodito, un sito archeologico che doveva essere il porto delle città minoiche dell’interno. Prontamente si salta la rete dalla spiaggia, e con la sabbia nei piedi ci sediamo a leggere all’ombra dell’albero di rito. A Gortina troviamo il platano sempreverde (sempre quello di Europa e il toro), le legge iscritte (V secolo a.C.), templi di età ellenistico-ramana, epigrafi di governatori romani scritte però in greco. Ci dovrebbe essere anche una fase tardo-antica e bizantina, ma non la vediamo. All’ultimo raggio del tramonto siamo in cima all’acropoli ad ammirare il paesaggio. A Iraklion la trattoria della prima sera oggi è chiusa, bisogna mangiare da un’altra parte.

Lunedì 4 settembre. Giornata di montagna, niente costume da bagno, bensì scarpe chiuse. Si sale al monte Ida da nord, attraversando un altipiano deserto e lunare, roccioso e pieno di capre. L’aria si fa fresca, alla grotta (antro Ideo) siamo a 1800 m. ca. Luce limpida, brezza, ampio panorama. La grotta è grande, con molte capre. Dentro due addetti della soprintendenza archeologica fanno misurazioni. Si scende a piedi a una specie di caffé primitivo tenuto da una russa, poi torniamo ai pullmini per affacciarsi alla forcella. La strada infatti prosegue un pochino fino al valico che dà sul versante meridionale; scendiamo di macchina e ammiriamo dall’alto la Messarà e Festo. Il sentiero per la grotta di Kamares sarebbe vicino, ma non lo si è visto, e non sappiamo bene se esiste e quanto è lungo. Peccato, perché si scoprirà in seguito che la grotta era vicina, dietro un costone, appena 200 m. sopra di noi.

Si mangia molto bene ad Anògia, paesino di mezza costa sotto l’Ida. Comincio a conoscere lì il dakkos, un ottimo pane condito di pomodori e origano; scopro anche il cheese pie, cioè la tiropita se ho ben capito: raviolotti pieni di formaggio che sembrano fritti. Una piacevole costante dei ristoranti cretesi è il piattino di origano profumatissimo da cui ci si serve abbondantemente con un cucchiaino. Il gruppo si scinde nel pomeriggio; alcuni di noi tornano a Iraklion, mentre gli altri vanno all’antro Ditteo nei pressi di Psichrò. La città d’Iraklion ha un centro con fontana veneziana e palazzotti rinascimentali che non sarebbero brutti. Cena a prezzi stracciati nel centro di Iraklion da un omino che si chiama Petrinos Ondas. Eli deve tornare in Italia partendo la mattina molto presto: auguri Eli!

Martedì 5 settembre. Andiamo (per fortuna per tempo) al grande museo archeologico di Iraklion, dove Nicoletta O. inizia un percorso inverso: prima al piano di sopra a guardare gli affreschi, poi sotto; si accorge che “la parigina” non è sola, è una delle tante dee sedute che ricevono omaggi. Il sarcofago di Hagia Triada è bellissimo. A pianterreno va all’indietro: prima il medioevo ellenico, le Dark Ages che a Creta non sono tanto dark, anzi continua una facies culturale piuttosto elevata rispetto al continente. Belli i vasi del momento di passaggio tra il tardo-miceneo-submiceneo-protogeometrico. Bei vasi geometrici di VIII secolo, contemporanei di Omero. Il museo è all’antica, nessuna spiegazione, ma i materiali sono tanti e tanto belli che ne fanno uno dei più bei musei archeologici mai visti. Gli oggetti minoici, innumerevoli, alcuni famosissimi, sono sparsi in molte e molte sale. Vede dee dei serpenti, vasi di mietitori, boccali di alabastro, rithòn ornati, sigilli d’oro, bel vasellame bluastro, tazzine decorate a pois, larnakes e sporte di terracotta; si leggono i nomi che da sempre riecheggiano: Kamares, Petsofà, Zakro, Festo, Archanes, Knosso, Mallia, Hagia Triada, grotte di Psichrò, dell’Ida.

Nel pomeriggio ci si dirige verso Chanià, fermandosi a vedere Aptera e le sue mura. Scavi come sempre incustoditi e circondati di reti dove si può sempre trovare un varco. Ci fermiamo all’albergo a Kalyves (hotel Kalives Beach, sul mare). Ceniamo in un posto carino sul mare, ma il mangiare non è buono, e costa anche più del solito.

Mercoledì 6 settembre. Visita alla città di Chanià che è molto bellina: solito forte veneziano, porto e piazzetta piena di locali, caffè, ristorantini. Il museo archeologico è dentro a una bella ex-chiesa medievale veneziana. È piccolo rispetto a quello di Iraklion, ma è veramente bello e con materiali interessantissimi, tra cui una coppa con iscrizione in lineare A, mosaici romani, e tanti larnakes di terracotta. Sono evidentemente tipici di Creta, decorati a gigli, polpi, tori, tistri, sinusoidi e spirali varie. Ne avevo visti sul continente solo a Tebe, dove erano più piccoli (scatolotte quadrangolari) e decorati con sfingi. Evidentemente quelli tebani sono una derivazione di quelli cretesi. In piazza un contadino sceso dai monti, che parla solo greco, vende síka (fichi secchi) e sacchetti di origano profumatissimo; quando passa il suo sacco di prodotti rurali emana un ottimo olezzo. Non resistiamo e compriamo.

Si prosegue per l’estremo ovest dell’isola, a fare il bagno alla bellissima spiaggia di Falàssarna. La sabbia è morbida e calda, il vento di mare fortissimo, l’acqua fantastica, cristallina di colore turchese trasparente. Nuotiamo beati e finiamo a mangiare alla taverna lì sopra, fornita addirittura di piscina (Plinio si riposa sulla sdraio all’ombra di un albero, Michele si abbronza su un lettino). Dopo l’ottimo pranzo e caffè, si va a Falassarna alta, si vedono i ruderi aperti di una città ellenistica (con strani semicupi di terracotta, detti da Michele “bidéion”), appoggiata su una vasta sella tra i monti: da una parte picchi dolomitici rossastri, dall’altra l’acropoli su un dirupo che guarda il mare. Riccardo e Primo subito si arrampicano e possono ammirare lo strapiombo sul Kritikò pélagos. Un pastore con le sue pecore attraversa il luogo e ci saluta. C’è una spiaggetta anche lì sotto ed alcuni, tra cui Alberto, ci vanno subito. Nicoletta G. e Nora leggono il dialogo di Saffo e Britomarti di Pavese sedute sui ruderi. Uscendo si trova il grosso trono di pietra che prima avevamo cercato invano. Si riparte verso l’interno, per vedere il tramonto dall’acropoli montana di Polyrinia. Ritorno in albergo e cena sulla spiaggia (mangiato benissimo e speso pochissimo).

Giovedì 7 settembre. Visita a Rethimno, dove il museo archeologico (piccolo ma bello) è accanto alla grande fortezza veneziana. Piacevole sosta al caffè “Melina” sotto al museo, all’ombra di ombrelloni con panorama sulla cittadina sottostante. Si parte per la lunga trasferta verso est. Nel golfo di Mirabello (nomina sunt consequentia rerum) si vede dall’alto un mare decisamente blu, costa frastagliata e molti isolotti al largo. Ci si ferma a mangiare sul mare, ventoso e modesto ma si sta bene comunque. Le onde si frangono sulla riva, c’è pochissima gente. Solite porzioni abbondantissime, ci dimentichiamo sempre che in Grecia bisogna ordinare di meno, e si finisce col mangiare sempre troppo. Visita agli scavi di Gournià (solita rete attraversata) da dove proviene il famoso vaso tondo decorato col polpo, e poi a Vasilikì, lì vicino, sulla strada che volge a sud tagliando l’istmo; davanti si apre una impressionante gola tra i monti che sia chiama Pharangi Cha (gola di Cha, Φαράγγι Χα). Solito recinto di rete ma incustodito. Quasi sempre questi insediamenti cretesi stanno in posizione dolce, su un ameno lieve pendio che domina la piana coltivata o l’accesso dal mare; questo di Vasilikì controlla il passo nord-sud dell’isola, avendo un occhio al mare a nord, e un altro alla gola montana. A Zakro la gola dietro al centro abitato sarà la sua necropoli.

Si prosegue per Ierapetra a sud, sul mare libico. Il nostro hotel è un po’ fuori città, sulla spiaggia (“Tylissos Beach”) ed ha una bellissima piscina. Cena in una vicina psarotaverna sul mare.

Venerdì 8 settembre. Giorno interamente dedicato al riposo marino. Traghettiamo per l’isolotto di Chrissi, davanti a Ierapetra. È il punto più a sud dove Nicoletta O. sia mai andata (meno di 35° gradi nord, all’altezza della Tunisia centro-meridionale). Spiagge bianche e tamerici che fanno ombra, bagno bellissimo. L’isola è una riserva naturale, non si possono neanche raccogliere conchiglie, però possono rimbombarci le orecchie a bordo con musiche a tutto volume. Pazienza: Riccardo con Nicoletta G. e Nora e altri volenterosi del nostro gruppo ballano in coperta deliziando gli astanti. Al ritorno spiaggia e piscina, cena in città all’ottimo ristorante Gorgona. Il proprietario è un piccolo Napoleone locale, dittatoriale quanto basta ma di stupefacente efficienza. Ci servono in un lampo un sacco di cose buone, tra cui tzaziki a quintalate, crocchette di zucchini, spinach pie, tiropita, dakkos, chorta, insalate e pesci vari. Alla fine la solita buona usanza cretese di offrire la frutta già tagliata a tocchetti: karpouzi, peponi, staffili, pesche e pere.

Sabato 9 settembre. Siamo nell’estremo est di Creta: paesaggio sassoso, non c’è più il verde, monti e valli con improvvise aperture sul mare. Arriviamo alla bellissima Zakro dopo aver visto in un paese dell’interno un termometro che segnava 45° centigradi: sarà vero? Il sole picchia forte, e andando dallo scavo al bar della spiaggia in cerca di un caffé si sente girare assai la testa. Zakro è stupenda, polle d’acqua con tartarughine, posizione di fronte al mare, dove la rada era l’antico approdo, collegato al palazzo da una breve strada. Per la gioia degli archeologi fu abbandonata nel 1450 a.C., senza essere mai riabitata: è perciò rimasta “sigillata” in quell’anno. Sopra incombono due grotte nella parete di roccia rossa, una grande e una piccola, a cui si arriva con un sentiero che potrebbe essere in parte scolpito artificialmente dall’uomo. Siamo attratti dalla “gola dei morti” dove è la necropoli, ma il sole a picco ci fa desistere. Il caldo in realtà è asciutto e ben sopportabile, anzi all’ombra è quasi fresco nella brezza di mare, che qui rigira da est ma è in realtà l’eterno vento di nord-nordovest che batte costante sull’isola. Alcuni avventurosi salgono alla prima grotta (quella grande) e tornando si buttano subito in mare senza raggiungere gli altri. Lì leggono “La casa di Asterione” tratto da L’Alephdi J.L. Borges. Andiamo a mangiare in una spiaggia più bella, qualche km. più a nord. È la spiaggia di Chiona; è bellissima, non c’è nessuno, l’accesso al mare è perfetto: sabbia, acqua limpida, niente sassi. Dopo le nuotate di rito si mangia nella solita baracca sul mare. Plinio fa il suo pisolino post-prandiale con Carmen su un divano di legno azzurro. Visitiamo il vicino sito minoico e qualcuno va alla ricerca del santuario rupestre di Petsofà che è lì sopra, sulla montagna. Ma non trovano la via.

Andiamo a nord verso Baï[Vai] e Itanos. Il mare è bellissimo, la spiaggia di Bai deliziosa. Il sole comincia a calare, quasi nessuno ne approfitta per un bagno. Siamo contenti di esserci fermati prima, perché qui, malgrado la natura bellissima (palmizi, rena rosata, belvedere roccioso, mare calmo e azzurro), c’è un turismo un po’ usa e getta che non attrae. A Itanos arriviamo al tramonto. È una città fortificata dell’età dorica (VII sec. a.C.) con grandi mura. Il ritorno a Ierapetra (la “Pietrasanta” cretese) si annuncia lungo. Quando arriviamo torniamo alla taverna di giovedì. Riccardo battibecca sul mancato accordo tra i due pullmini, ma Mesa getta giustamente acqua sul fuoco. Finiamo la cena contenti. Domattina toccherà fare le valige.

Domenica 10 settembre. Mattinata di preparativi; dobbiamo accompagnare Laura Bi. all’aeroporto un po’ prima di noi, dopo di che andiamo a prendere un caffé ad Amniso. Arrivato ad Atene, Riccardo parte per la “pompè” verso Eleusi. Nonostante qualche ritardo nei voli, per fortuna riusciamo a prendere il treno in tempo a Roma. Ci salutiamo: baci a tutti e… alla prossima periegesi!

Questa è un’isola piena di gole montane e caverne. Non abbiamo visto le famose gole di Samaria (questo nome non sarà mica “pre-fenicio”???!?) ma in compenso abbastanza picchi e costoni montani da capire meglio i versi di Alcmane “Dormono le cime dei monti…(εύδουσιν δ’ορέων κορυφαί τε και φάραγγες)”. Forti profumi di erbe aromatiche, salvia selvatica, origano. Il clima è paradisiaco: luce netta, a volte rosata, brezza eterna, acqua di mare tiepida e azzurra, olivi piccoli ma fronzuti, pini e ginepri, tamerici e oleandri. Le bougainvillee non sono solo violacee, ma anche bianche, gialle, rosa. Gli ibuscus sono grossi arbusti che formano bei cespugli, quasi alberi. Fioriscono con colori rossi, bianco e rosa, ciclamino.