XI PERIEGESI – Diario Cicladi: Santorini-Naxos-Paros-Mykonos-Delo

“Il Ritorno di Teseo”

“Arianna, dalla vicenda mitica alla sindrome clinica”

1-11 Settembre 2011

I luoghi: Santorini/Thera: Akrotiri, Archea Thira, spiaggia di Kamari, spiaggia Rossa, la Caldera, Nea Kameni, Palea Kameni, Oia, Thira.

Naxos: Tempio di Apollo, santuario di Dioniso, tempio di Demetra, spiaggia di Agios Giorgios, grotte di Zeus, cave di marmo.

Paros: Cave di marmo pario, Naoussa, acropoli micenea, sacello di Archiloco, tempio di Apollo Delio, Lefkes, Krios Beach.

Mykonos: Delo.

Rafina e Atene.

Partecipanti: Alberto, Antonella, Concetta, Cristina, Daniela, Franco, Giorgio, Grazia, Isa, Laura, Marcello, Marina P., Mesa, Moreno, Nicoletta F., Nicoletta O., Nora, Primo, Riccardo, Sandro, Teresa, Virginia

Seguendo il ritorno di Teseo, quest’anno abbiamo toccato varie isole delle Cicladi. A differenza di molte precedenti nostre peregrinazioni, questa volta siamo dovuti andare in luoghi tra i più turisticizzati e mondani della Grecia vacanziera; ma ne siamo usciti onorevolmente, anche perché abbiamo esorcizzato il tutto introducendo l’innovazione di un convegno, una nuova formula per le nostre annuali escursioni. D’altra parte prima o poi doveva toccare di vedere anche alcune di queste isole famose, non si potevano evitare in eterno.

Giovedì 1 settembre. Il gruppo si ritrova all’aeroporto Santorini /Thera di buon mattino. Poi, affittati macchine e pulmini, fino all’albergo Mathios Village, verso Akrotiri. Senza por tempo in mezzo, in mattinata corriamo subito a visitare il magnifico sito di Αρχαια Θηρα (Archea Thira). È nella parte sud-est dell’isola, si raggiunge con una ripida strada che s’inerpica su per il fianco del monte con ben 22 tornanti secchi. Il sito archeologico è in alto, in una posizione bellissima, guarda verso l’isoletta di Anafi (Creta non si vede: è troppo lontana); è un’area assai ampia che comprende una città ellenistico-romana, con un teatro in posizione panoramica sospeso sul mare. Abbiamo lasciato le auto su una specie di valico montano, da cui si vede il mare da due parti. La montagna è un unico blocco di solida roccia grigio-beige. Il nostro sembra un sentiero dolomitico, ma siamo in vista del mare azzurrissimo. Scendiamo poi per il crinale fino alla sottostante spiaggetta di Kamari, dove mangiamo molto bene in una taverna sul mare. Prima di gustare il cibo di notevole qualità, alcuni di noi si tuffano subito nell’acqua. La sabbia è scura, su quest’isola vulcanica le spiagge sono spesso quasi nere. Notiamo subito che il luogo è molto frequentato, rispetto a quelli a cui eravamo abituati.

Dopo pranzo alcuni si riposano nella piscina dell’albergo, altri vanno a fare una nuotata pomeridiana alla spiaggia Rossa (Κοκκινη παραλία), che deve il nome al fatto che è ai piedi di una parete di depositi vulcanici stratificati di un rosso scuro tendente al nero: lava, ceneri, lapilli? Si scende per un sentiero da capre sassoso; è già sera e sul mare la gente sta cominciando ad a andare via. Di giorno dev’essere un luogo bollente, quasi infernale. Dopo il bagno siamo andati a vedere il tramonto dall’altra parte di Akrotiri, da cui si gode un panorama magnifico su tutta la caldera coi suoi vari isolotti, compresi i due riemersi in età moderna, molto dopo l’esplosione del 1600 a.C. Il famoso sito archeologico di Akrotiri non è più visitabile, da qualche anno è chiuso al pubblico. I celebri affreschi sono ad Atene, ma ottime riproduzioni si trovano qui in un museo di Thira città. Comunque anche da fuori si vede che è una piccola Pompei sepolta da grossi strati solidificati di cenere e pomici, scuri e chiari. Si cena infine in albergo fra le due piscine; è l’occasione per fare un brindisi ai nuovi Periegeti di quest’anno. Decisamente una giornata piena per un gruppo che si era alzato prima dell’alba!

Venerdì 2 settembre. Giornata interamente dedicata ai panorami spettacolari di questa bellissima isola. Scendiamo al porto, trafficatissimo, dove regna un bailamme indescrivibile; alle fine riusciamo a non perderci nella folla e a individuare la nostra barca, Antonis. Ci imbarchiamo così sulla mini-crociera che ci porta in giro sul mare blu della caldera, da un isolotto all’altro. Le acque sono calme ma vive e increspate, riflettono il cielo azzurrissimo e le rocce a picco sul mare. Grosse navi da crociera sono all’ancora nella grande rada. Ci portano subito al vulcano centrale, sull’isoletta di Nea Kameni (‘bruciata’), spuntata un bel giorno dell’anno 1570; le dimensioni attuali sono state raggiunte solo nel 1928, dopo la penultima eruzione. Le ultime colate laviche, nerissime, risalgono al 1950. Ora il vulcano è quiescente, ma non si sa mai, si ha quasi paura che qualcosa possa smuoversi sotto i nostri piedi. Con una straordinaria passeggiata di circa 1.500 metri si raggiunge la cime del vulcano, che è solo a 200 m. sul livello del mare, ma sembra una camminata di montagna. La vista è bellissima, il luogo in un certo senso meraviglioso: non è comune trovarsi su un cratere vulcanico. Da lontano si ammirano le isole che ci circondano, coi loro paesini bianchi affacciati sui crinali.

La barca si ferma anche al vicino scoglio di Palea Kameni, dove si fa il bagno nelle acque rossastre di una fonte calda sottomarina. Ma la cosa più bella è la traversata fino a Thirasia, sul mare blu profondo, che in certi punti diviene viola per il rispecchiarsi di scogliere rosse (οινοπα πόντον!). Mentre la massa della gente va a mangiare nella taverna di Captain John, noi la evitiamo dirigendoci verso il ristorante più lontano e defilato, in riva al mare. Si chiama Mylos perché c’è un mulino a vento. L’acqua limpidissima è estremamente invitante e molti di noi si tuffano felici tra i flutti turchini, nell’acqua fresca e vivificante. Infine si traversa ancora il mare per tornare all’estremità nord dell’isola principale, in località Oia. Una lunga scalinata di più di trecento scalini porta dall’attracco fino al bellissimo paese che occhieggia dall’alto. Molti l’affrontano sportivamente, disdegnando l’aiuto di muli e asini su per la salita. Altri prendono un comodo taxi (!) senza troppa vergogna. Lassù il villaggio di Oia è bellissimo, ben restaurato e molto raffinato, tutto bianco con qualche casa rosata, con negozi carini e molti ristoranti, caffè, chiesette e terrazze panoramiche. Anche se lo scenario è diverso, per l’eleganza può ricordare un po’ la Capri dei tempi d’oro. Una donna in una piazzetta vende uva e fichi. Passa un mulattiere piccolino, di aspetto decisamente cicladico, che guida una carovana di muli che tornano veloci verso casa. Poi ci spostiamo tutti sul versante che guarda al tramonto, sperando di intercettare il raggio verde che non appare per la foschia che copre l’orizzonte. Si prende l’ultimo bus alle 8.30 per tornare ad Akrotiri al nostro hotel. Ancora una comoda cena in albergo nella luce del crepuscolo che si fa sempre più scura.

Sabato 3 settembre. Oggi si va per musei. Visitiamo i magnifici musei di Thera: l’Archeologico, il ‘Preistorico’- stracolmo dei bellissimi oggetti dell’epoca precedente all’eruzione vulcanica – e il Santo-zeum” (contrazione di Santorini–museum?) che espone le bellissime riproduzioni degli affreschi di età minoica tra cui quello strepitoso delle navi in parata fra un’estremità e l’altra dell’isola. C’è anche una riproduzione in legno della nave principale, forse un po’ troppo panciuta rispetto ai modelli, ma fornita di tutti gli accessori presenti nel dipinto: tettoia, ornamenti sugli stralli di prua e poppa…È raffigurata anche la cosiddetta ‘sacerdotessa’ col manto vermiglio e i grandi orecchini a ruota. Prendiamo bibite e caffè frappé sulla terrazza, guardando dall’alto il bellissimo panorama del mare sottostante, fino all’orizzonte azzurro.

Dovendo riconsegnare le macchine e prendere il traghetto delle 16.00 per Nasso, dobbiamo arrangiarci a mangiare in una tavernetta giù al porto, che non è poi così male. La navigazione fra le isole è bellissima. Appena sbarcati a Nasso (Naxos) corriamo a guardare il tramonto attraverso la grande porta del tempio di Apollo che sta in riva al mare e guarda dritta in direzione di Delo. Concetta si sfoga a maneggiare il suo nuovo computer fotografante, bellissimo, di cui va molto fiera e che fa anche mille altre cose. Dobbiamo noleggiare nuove macchine: ci danno un pulmino e varie auto più piccole. Partiamo tutti in fila verso l’hotel Porto Naxos, dove ci aspettano belle camere, grandi sale e piscina blu. La cena però, in una stradina interna del paese, arriva in ritardo ed è molto lenta e stancante.

Domenica 4 settembre. La mattina ci avviamo a piedi su per le strade bianche del paese, fino al castello veneziano. Lassù c’è anche una chiesa cattolica, un monastero di suore e il museo archeologico. Ci entriamo immediatamente; ormai poche persone hanno visto in Grecia tanti musei archeologici come noi! È vecchiotto, un po’ dimesso e all’antica, ma al piano inferiore ci sono molti materiali di prim’ordine e bellissimi, con moltissime statuette cicladiche e altri reperti del III millennio a.C. Ci riposiamo all’ombra nella piazzetta davanti al museo, mentre il gruppo si sgrana in tanti gruppetti vaganti, di cui si perdono le coordinate. È una situazione d’incertezza, che suggerisce a Giorgio la pensosa domanda: “Ma noi siamo un avamposto o un distaccamento?”

Discendiamo poi direttamente sul porto attraverso vicoli pittoreschi lastricati di marmo, con improvvise visioni panoramiche sul mare, sempre azzurrissimo. Dopo un caffè sul lungomare, partiamo alla volta del santuario di Dioniso, dove è nato il mito della sua unione con Arianna. Che cosa significa? Secondo Nicoletta adombra l’incontro e il sincretismo dei culti cretesi della Signora del Labirinto con quelli acheo-micenei. Ma Moreno non si contenta di facili semplificazioni: anche Dioniso, dice, era già un dio egeo. Troviamo una bella ombra e al fresco leggiamo a voce alta sotto i rami di alberi agitati dal vento. Ancora una deviazione verso il tempio di Demetra all’interno dell’isola. Attraversiamo una campagna abitata dove regna l’allevamento di mucche, cavalli, pecore e capre; i pendii assolati con qualche cipresso e qualche cespuglio ricordano vagamente la Sardegna. Il tempio è molto restaurato e ricostruito, ma corredato da un bel museino moderno. Ci colpiscono i capitelli di foggia arcaica e le tegole (di marmo!) che coprivano il tetto.

Rapida discesa fino alla spiaggia di Agios Georgios, dove pranziamo sul mare. Il cameriere bofonchia lamentando l’arrivo di tante persone tutte insieme, ma alla fine ce la facciamo a mangiare piacevolmente all’ombra. Bellissimo il bagno nelle acque fresche e verdi dell’Egeo. Nel pomeriggio, sono ormai le quattro e mezzo, alcuni partono per visitare le grotte di Zeus, altri tornano a riposarsi nella bella piscina del nostro albergo. Cena sul mare con la luna al primo quarto.

Lunedì 5 settembre. È arrivato il giorno del nostro convegno (programma in basso). Tutta la mattina è interamente dedicata alle relazioni e alla discussione [il programma è in appendice]. L’albergo ha un’ampia sala conferenze, attrezzata con videoproiettore e computer. Ci ha raggiunto Amaranta Sbardella che sta finendo una tesi di dottorato a Siena in letterature comparate, e presenta una sua dettagliata relazione. Ma è arrivata anche la collega Donatella Puliga, che è venuta apposta in barca da Atene, e ripartirà sulla stessa barca. (Donatella Puliga è co-autrice, con Silvia Panichi, del bel libro In Grecia. Racconti dal mito, dall’arte e dalla memoria, Torino, Einaudi, 2001.) La sala dà sul giardino, tutto orlato di fantastiche siepi di basilico profumato, fitte e spesse, cespugli di ibiscus e di gerani e altri cespugli di erbe odorose come il timo e la menta (mi viene in mente che mintha è parola mediterranea, derivante da qualche lingua pre-greca di sostrato).

È una maratona di conferenze che dura fino alle 14.00. Nonostante i timori il progetto è molto ben riuscito; risulta nella felice realizzazione, piuttosto ben organizzata, di un’idea originaria di Riccardo, una sua intuizione geniale. Perché di fatto è stata la formalizzazione, codificata in una cornice più ‘ufficiale’, di quello che da anni bolliva in pentola nelle nostre periegesi: il gusto cioè per le continue discussioni, per le disquisizioni che, fra il serio e il faceto, si snodavano tra i miti e la psichiatria, fra la storia, l’arte e l’archeologia. Le nostre chiacchierate dilettantesche sotto il cielo blu della Grecia, tra un vino rezina e una birra Mythos, hanno trovato oggi una forma più precisa e impegnata. Si spaziava dalle letterature classiche a quelle medievali e moderne, per sfociare in una serie di interventi più psico-medico-neurologici. Un pranzo leggero sulla terrazza dell’albergo ha chiuso piacevolmente la giornata di studi su Arianna.

Nel pomeriggio i più corrono a visitare cave di marmo lontane, dove alcuni kouroi non finiti sono ancora imprigionati nella roccia, appena sbozzati o scartati dai lapicidi. C’è anche una bella statua di Dioniso rimasta lì sdraiata, forse abbandonata perché leggermente sproporzionata. Altri periegeti rimangono invece a godersi la piscina. Nicoletta e Mesa cenano al ristorante dell’hotel con bella terrazza da cui si gode una gran vista sul porto, gli altri vanno da Lucullus.

Martedì 6 settembre. Alle 9.30 prendiamo il traghetto Blue Star Naxos che fa servizio fra le isole e torna poi al Pireo. Siamo diretti a Paros. Ci sistemiamo in alto per goderci il panorama; qualcuno legge, altri chiacchierano, altri fumano, Moreno fa lezione… Quando sbarchiamo affittiamo subito tre piccole macchine rosso fuoco e un pulmino. Cerchiamo e infine troviamo l’hotel Agnanti a Krios Beach, che è molto bellino, ha camere con terrazzi ombreggiati da pergole fiorite di buganvillee, e una bella piscina blu in posizione defilata. Il ristorante e il bar sono sulla terrazza bianca, con vista sulla baia.

Andiamo subito a cercare le antiche cave di marmo pario, e poi, verso Naoussa, per trovare un posto dove fare il bagno e mangiare. Troviamo un luogo modestissimo ma che ha il vantaggio di essere in riva al mare. Si tuffa perfino Sandro! Dietro all’insenatura c’è una “acropoli micenea”, in cima a una collina di granito che ricorda le rocce del monte Capanne all’Elba. Riccardo, Primo, Franco, Laura, Concetta e Alberto non resistono alla voglia di salire su per le rupi beige-dorato fino alla cima.

Il resto del pomeriggio passa piacevolmente fra Archiloco e Apollo. L’omaggio al poeta che qui è nato è officiato da Moreno, che ci legge a voce alta molti suoi frammenti; ma siamo andati a leggerli proprio sul sito di una suo sacello o memoriale (Αρχιλοχειον), eretto dagli isolani di Paro in età classica, poi ricoperto da chiese paleocristiane e bizantine (località Tris Ekklisies). Oggi restano piccole graziose colonne, tra cui ascoltiamo contenti e divertiti la bella lettura. Infine non tralasciamo il tempio di Apollo Delio che è in posizione straordinaria, in alto su un pianoro che fa da valico tra i due versanti dell’isola, da dove, al tramonto, si vedono i due mari e ad est la vicina isola di Nasso, l’ombra di Delo all’orizzonte verso nord, e a sinistra contro la luce del sole calante gli isolotti che fiancheggiano Paro. Tra questi c’è anche Saliagos dove è stata trovata la famosa statuetta steatopigia neolitica detta ‘The Fat Lady of Saliagos’, una di quelle tonde rappresentazioni femminili di abbondanza e fertilità che hanno caratterizzato anche la scultura del paleolitico (‘Venere di Willendorf’). Teresa ci fa una bellissima sorpresa: è sopraggiunta a Paros, è scesa in un tranquillo alberghetto nelle stradine del paese, e ci raggiunge per aggregarsi a noi. Dopo una sosta in albergo andiamo a cercare il ristorante Moira sul lungomare di Paros-Paroikia; lo raggiungiamo dopo una lunghissima camminata sul porto.

Mercoledì 7 settembre. La maggior parte dei periegeti va al museo archeologico di Paros, mentre Sandro e Virginia salgono verso l’interno a vedere il paese medievale di Lefkes (Λευκες), dove ancora restano molti mulini a vento. Dappertutto in queste isole c’erano i mulini, dato il soffiare pressoché costante di venti molto forti, come abbiamo sperimentato anche noi. Erano le pale eoliche dei tempi passati. Nel museo di Paros ci sono molte cose interessanti dal neolitico in poi, tra cui la piccola rotonda ‘Lady of Saliagos’. Ma in paese a Paros-Paroikia va vista anche la bellissima chiesa bizantina della Panaghìa Ekatontapiliani, sorta su una precedente chiesa paleocristiana dei tempi di Giustiniano, ma che nelle forme attuali sembra del XII-XIII secolo. Ha superbi matronei che girano per tutta la chiesa, compresi i transetti e l’abside, moltissime icone, mosaici, sculture e affreschi. Una bellissima architettura medievale, come non è tanto frequente vedere in Grecia.

Una parte della mattinata viene trascorsa sulla magnifica spiaggia (Krios Beach) che si stende davanti all’albergo, in quella caletta che è detta Krios, perché infatti l’acqua è piuttosto freddina. Il mare è calmissimo nonostante il vento, che qui soffia da terra e spazza il mare; l’acqua trasparente e pulita è di un verde glauco, a tratti azzurra. Un invito irresistibile a nuotare; infatti facciamo tanti bagni, e ci rosoliamo comodamente al sole sui lettini a sdraio blu.

In albergo prendiamo sulla terrazza un ottimo lunch, raffinato e gustoso, sebbene un po’ caro. Si caricano infine tutti i bagagli e si scende al porto, a aspettare il traghetto per Mykonos. La traversata sul catamarano veloce è bellissima, col vento contro e le onde blu piene di spruzzi. Appena entrati nel porto di Mykonos veniamo prelevati dalle auto dell’albergo, l’hotel Mykonos View). Le camere si raggiungono attraverso ripide scale, di lassù si ha un gran panorama sulla rada dove dormono barche illuminate; all’orizzonte il profilo sfumato dell’isola di Delo. Finiamo a cenare in un ristorante troppo affollato.

Giovedì 8 settembre. Tutta la giornata è dedicata all’isola sacra di Delo. Dal molo di Mykonos prendiamo la barca che ci deve traghettare a Delo, immediatamente davanti a noi. All’andata abbiamo un barcone che si chiama Orca, al ritorno una barchettina di nome Μαργαριτα. Nicoletta si discosta un po’ dal gruppo e sistemata a prua ha l’occasione di sentire, fra tante voci straniere, un signore fiorentino che racconta alla moglie: “C’è uno che legge, recita ad alta voce” “Legge?” “Sì, e tutti lo stanno a sentire” “Ma che legge?” “Non lo so, dev’essere roba… tipo l’Eneide, o l’Odissea… e tutti lo stanno a sentire!” Ho capito subito che non poteva essere altri che Moreno, che infatti leggeva il magnifico inno omerico ad Apollo Delio.

Delo è bellissima, nonostante sia tutta brulla e piuttosto bassa. Cinta dal mare mosso che scaraventa sugli scogli ondate blu scuro, sormontata da una immensa luce che irraggia da un cielo azzurrissimo. L’intera isola è un parco archeologico, un museo all’aperto, con tutti i monumenti rimasti nel luogo d’origine, colonne bianche e muri di pietra, sculture e tempietti. C’è la compresenza di cose antichissime, fino ai ruderi di età arcaica, classica, ed ellenistico-romana. Già in antico le tombe appartenenti alla fase geometrica e arcaica erano state spostate nell’isola vicina (anch’essa disabitata) che fu scavata agli inizi del Novecento; i reperti sono ora al museo di Mykonos. Scesi a Delo, si ammirano subito bellissime colonne di marmo, altari, mura, statue e la famosa terrazza dei leoni. Si vede anche il luogo del lago sacro e la palma di Apollo. Del periodo ellenistico restano alcune belle case e i tempietti di Iside e di Serapide. È tutto un susseguirsi di resti piuttosto consistenti, con molte colonne in piedi, altari e i celebri falli. Dentro al museo locale sono raccolti tutti i reperti del posto, tra cui molti kouroi e korai, e le statue originali dei leoni. Si ammirano anche affreschi di epoca romana, mosaici e statue eleganti come quella di Artemide. Saliamo al monte Cinto (Cynthos) il cui sentiero diviene ben presto una scalinata fra i sassi che sale dritta fino in cima. Lassù tira un vento così forte che quasi non riusciamo a tener ferme le macchine fotografiche. Molti infatti si siedono o addirittura si sdraiano sui pietroni del piccolo santuario. Il panorama sulle isole vicine e sul mare blu increspato e spazzato dal meltemi è di straordinaria luminosità. Questo vento provvidenziale ci salva dal gran caldo in quest’ora in cui il sole batte implacabile sulle rocce. Dalla cima del monte si domina tutta l’isola, piccola ma frastagliata. Qualche barca passa al largo. Scendiamo poi verso l’attracco per riprendere il battello delle 15.00. Tornando abbiamo il mare al traverso, e si ondeggia parecchio mentre la barca avanza fra grandi spruzzi.

Al caffè sul porto di Mykonos, tra un gelato e una birra, si discutono – come di rito – le varie proposte per la periegesi dell’anno prossimo. Raccoglie molti consensi quella su Rodi-Cnidos-Licia-Antalya, che viene subito accettata. Ci prepareremo così sul mito di Afrodite, sulle leggende della Licia (per es. la fantastica, arcaicissima storia di Bellerofonte e la Chimera [VI dell’Iliade] e il nome Λυκια che forse compare anche nelle fonti egiziane come Lukke), e sui Dori a Rodi, oltre alla Rodi classica, ellenistica, romana e veneziana. Infine si torna in albergo, chi in piscina, chi al bar, chi a spasso per il paese. Per cena siamo liberi e sciolti. Alcuni trovano nelle vecchie strade del centro storico un ristorantino davvero squisito, dove si abbuffano di pita araba, cozze, saganaki e moussaka e altre prelibatezze vegetali.

Per quel poco che abbiamo potuto vedere, Mykonos è stravolta dal turismo massificato che si riversa sull’isoletta, di per sé graziosa, snaturandola del tutto. Tutto risulta falsato, non c’è più nulla di autentico, di quell’autenticità che era poi il maggior fascino della Grecia. Il luogo e i suoi abitanti hanno perso la loro identità, si sente parlare quasi più italiano che greco; la gente del posto è pallida da superlavoro, o abbrutita in una pigra obesità. Santorini, anch’essa molto turicistizzata, era riuscita almeno a mantenere una certa raffinatezza.

Venerdì 9 settembre. Approfittiamo della bella mattinata per andare a vedere il piccolo museo di Mykonos, fondato per accogliere i vasi e i corredi funerari scavati nell’isola di Rinia (Ρηνεια) dove fin dall’antico erano state trasferite le tombe di Delo. Molti vasellami arcaici e geometrici, alcuni addirittura del IX secolo a.C. Ma il pezzo forte è un grande vaso dell’VIII secolo, famoso, più volte riprodotto nei libri, caratterizzato da figure in rilievo e non dipinte. C’è la celebre immagine degli Achei che scendono dal cavallo di Troia per una scaletta, e si affacciano dal cavallo stesso attraverso delle specie di finestrini. Sotto ci sono altre figure che rappresentano la strage di Troiani da loro compiuta, con riferimento a due versi dell’Odissea (IV canto). Dopo un giro per il paese ci prepariamo a prendere il traghetto delle 12.00, un catamarano veloce che tocca Tinos, la grande isola immediatamente a nord, e poi punta dritto su Rafina in Attica.

Da lì prendiamo dei taxi per Atene. Scendiamo al nostro solito albergo in odos Makri, la stradina traversa nella comoda zona pedonale ai piedi dell’acropoli. Si passeggia per la Plaka. Poi alcuni optano per andare a vedere la tragedia Eracle, messa in scena dalla buona compagnia del Teatro Nazionale, ma il teatro è tutto esaurito, è stato un viaggio a vuoto. Passeggiando sotto l’odeon di Erode Attico si sente l’orchestra che strombazza a tutto volume; ma sono solo delle prove, non è per ora consentito l’accesso al pubblico, che potrà andare allo spettacolo solo domenica, quando noi saremo ormai già partiti. Si dice che Moreno, entrato nel nuovo museo dell’acropoli, non voglia più uscirne e all’ora di chiusura, passate ormai le 21.00, devono quasi buttarlo fuori, riluttante. Così si vociferava, e in questo modo nascono le leggende metropolitane.

Sabato 10 settembre. La giornata è libera, ognuno ne approfitta per andare nei posti che più gli stanno a cuore. La bella notizia è che è riaperto il delizioso museo Kannellopoulos, sul fianco settentrionale dell’acropoli. È ora diviso in un settore miceneo e arcaico e uno bizantino, con gli strepitosi gioielli. Riccardo e Grazia salgono all’acropoli perché Grazia non c’è mai stata. Primo si trascina dietro diversa gente fino al museo della civiltà cicladica e nel vicino bellissimo museo Benaki. Alcuni sono andati con Moreno a investigare a fondo il museo archeologico nazionale, dove si trattengono molto a lungo. Nicoletta e Mesa si aggirano tranquille per le stradine della Plaka e finiscono al mercatino delle pulci di Monastiraki. Poi un rapido lunch in piazzetta Lisicrate all’ombra dei gelsi. Qui ci raggiunge Laura spaventata: è successa una cosa mai prima accaduta in tanti anni di viaggi in Grecia, è stata scippata. In realtà è stato solo un tentativo, non sono riusciti rubarle la collana, ma lei è caduta ed è tutta ammaccata.

Dopo un riposino pomeridiano Riccardo parte per la sua pompè verso Eleusi. E dopo una cena volante, una decina di periegeti si prepara ad andare al teatro di Dora Stratou, sulla collina verde di Filopappou. Questa compagnia di danzatori, cantanti e musicisti da decenni tiene viva la tradizione delle danze popolari greche, coi loro costumi e i loro strumenti musicali. Lo spettacolo è entusiasmante: ogni regione ha le sue danze folkloristiche, costumi diversi e diversi strumenti: per esempio le canzoni cretesi sono accompagnate dalla lyra cretese, una specie di minuscolo violino verticale. Il cantante coi baffoni intona a squarciagola canzoni che iniziano con «Κρήτη, Κρήτη!» Gli altri strumenti sono i violini, il bouzouki, lo xilofono, il tamburo, il flauto. Anche i cantanti sono in costume. Alcuni costumi sono ricchi e eleganti come quelli di Creta e del Peloponneso, altri semplici come quelli dei pastori di Tracia, dove gli uomini sono in semplice marrone e le donne hanno un vivace grembiulino rosso. Dopo una lenta processione di entrata, i ritmi si intensificano fino a richiedere evoluzioni a perdifiato; gli uomini hanno le parti più faticose e acrobatiche, le donne si lasciano circuire con grazia e piccoli movimenti seducenti. Quello che avevo letto sui costumi e le danze tradizionali greche finalmente si concretizza si chiarisce. Una bellissima serata.

Domenica 11 settembre. Si parte per l’aeroporto servendoci di un piccolo pullman che ci aspetta all’angolo del viale, davanti all’arco di Adriano. Come al solito lunghe attese in aeroporto; poi si parte per Fiumicino, dove sbarchiamo in tempo per acchiappare i nostri vari treni. Gli ultimi saluti e baci si svolgono in un luogo prosaico: davanti al nastro del “recupero bagagli”. À la prochaine, miei cari!

Appendice

ARIANNA, dalla vicenda mitica alla sindrome clinica

 Giornata di studi promossa dal

Centro Studi di Terapia della Gestalt e dal Gruppo “Periegesi del mondo antico”

con il patrocinio della

Federazione Italiana delle Associazioni di Psicoterapia (FIAP) 

Naxos 5 Settembre 2011

 Porto Naxos Hotel, Ag. Giorgios Beach, città di Naxos

Ad Arianna avvenne di essere abbandonata due volte: da Teseo, che l’aveva portata con sé da Creta dove regnava come Signora del Labirinto, e successivamente da Dioniso. Le varianti del mito sono ovviamente molte e tutte cariche di significato che riverbera in molteplici rifrangenze sia di carattere mitico-letterario, che storico-antropologico, ma che comportano anche pregnanti collegamenti con la psiche umana. Con la psicologia femminile, in particolare, per questa singolare reiterazione del tema abbandonico e che viene richiamato, con sempre maggiore insistenza, come “sindrome di Arianna”.

Su questo tema si confronteranno contributi di derivazione interdisciplinare – antichistica, storica, mitologica, psicopatologica, artistica – per favorire un epanuissement del tema nella polisemia di significati di cui è pregnante, come pochi altri.

L’incontro si svolgerà nell’isola dove Arianna venne abbandonata da Teseo, l’isola di Naxos, a metà del percorso tra Creta e l’Attica e che, metaforicamente, indica anche un passaggio epocale nella storia dell’Occidente.

L’incontro segue dieci anni di peregrinazioni “periegetiche” sulle orme di Pausania da parte di cultori delle discipline citate e che quest’anno hanno ritenuto interessante aprire i loro scambi di opinioni e suggestioni a colleghi o persone comunque interessati a tale ibridazione di competenze. Nella salvaguardia di un appassionato approfondimento, il seminario di studio vuole configurarsi come momento che privilegia i contenuti stessi più che l’apparato organizzativo e di immagine.

Coordinano il Seminario, Riccardo Zerbetto, direttore del Centro Studi di Terapia della Gestalt  e Primo Lorenzi, psicopatologo, autore di “Donne e Dee” (Alpes, Roma 2011) e “Mal d’amore, innamoramento, gelosia, malinconia amorosa, amore molesto” (Antigone, Torino, 2010).

1a PARTE: Arianna, antropologia di una figura mitologica

Ore 9.00-11.00

Moderatori: Primo Lorenzi e Maria Teresa Fabbri

Ore 9.00: Riccardo Zerbetto : “Polisemia e sovra determinazione nel mito di Arianna,  Sul significato della giornata e articolazione della stessa”

9.15: Daniela Fausti: “La figura di Arianna nelle fonti antiche”

9.30: Amaranta Sbardella: “Il mito di Arianna, fortuna letteraria”

10.15: Simona Pasquinucci, Gianluca Tormen: “Arianna, fortuna iconografica”

10.30: Nicoletta Onesti e Cristina  Lombardi: “Valchirie e regine abbandonate nelle saghe nordiche e nella poesia germanica medievale”

11–11.30 pausa

2a PARTE: “Arianna, dimensioni mediche e psicologiche”

Ore 11.30-14.00

Moderatori : Riccardo Zerbetto e Alberto Langone

11.30: Primo Lorenzi: “Arianna, figura della relazionalità amorosa”

11.45: Concetta Stornante: “Arianna a Naxos: note sul lutto da abbandono amoroso”

12.00: Laura Bracco: “Emozioni e memoria, correlati neurobiologici”

12.15: Franco Savelli: “Correlati internistici  delle sindromi abbandoniche”

12.30: Riccardo Zerbetto, Lorenzi Primo : “La sindrome di Arianna”

12.45: Discussione generale

Nota: Gli interventi sono stati raccolti e pubblicati nel libro: Arianna, dalla vicenda mitica alla sindrome clinica; a cura di Primo Lorenzi e Riccardo Zerbetto; Alpes Italia editore; 2016; Roma.