XIII PERIEGESI – Diario Cipro
“Afrodite I”
29 Agosto – 10 Settembre 2013
I luoghi: Cipro Sud: Pafos, Santuario di Afrodite, Petra tou Romiou, Monastero di S. Neofito (Polis), Marion, Bagno di Afrodite, Maa-Palaiokastro, Coral Bay, Lempa, Kourion, Limassol, Amathous, Choirokoitia, Nicosia
Cipro Nord: Kyrenia, Morphou, Chiesa di San Mama, Soli, Vouni, Salamis, penisola di Karpaz (Karpasia),basilica di Agios Filon, santuario di S. Andrea Apostolo, ‘Golden beach’, Salamis, Famagosta, Larnaka, Atene.
Partecipanti: Concetta, Cristina, Daniela, Floriana, Franco, Giorgio, Isa, Nicoletta, Nora, Primo, Riccardo, Sara.
Quest’anno la nostra mèta è Cipro, la grande isola che Antonio donò a Cleopatra. L’isola dove nacque Afrodite e dove si affermò saldamente il suo culto, prima di estendersi all’Egeo e alla Grecia. Dove la grecità, portata da un’antichissima colonizzazione di età micenea, si è incontrata con le correnti orientali di Ugarit, dei Fenici e dell’Egitto. Dove varie iscrizioni arcaiche attestano un’indecifrata lingua pre-greca, l’eteo-cipriota, e più tardi la presenza del greco nella varietà arcado-cipriota, espressa nel sillabario tipico dell’isola; questo è a sua volta derivato dai segni sillabici del greco miceneo, che qui si è trapiantato a partire almeno dall’XI secolo a.C. Con questi miraggi e col desiderio di vedere i luoghi sacri a Afrodite siamo partiti per la nostra XIII periegesi. L’isola è da vedere, ma è decisamente diversa da quelle greche.
Giovedì 29 agosto. Volo diretto su Pafos. A Pafos il clima è caldissimo anche a sera inoltrata. In taxi si attraversa la campagna deserta, fra stradine e incroci solitari, fino a una strada principale che ci porta direttamente davanti all’albergo (hotel Alexander the Great). Qui ci aspetta un drink di benvenuto, con un succo di arancia molto gradito. Le camere sono molto confortevoli e dotate di un comodissimo bollitore dove ci si può fare il tè e il caffè a piacimento. Questa è una comodità molto frequente nei paesi ad alta densità di turismo britannico.
Venerdì 30 agosto. L’albergo è enorme, con tanti turisti russi e inglesi; la colazione non è buona, ma il posto è bello, le sale ampie e c’è anche la sala conferenze che ci servirà per il nostro incontro di sabato. Riccardo ci fa la sorpresa di presentarsi a colazione con una maglietta nuova, su cui Sara ha fatto stampare l’inesorabile scritta “PROTOFENICIO”!
Subito la mattina ci raduniamo alla fermata dell’autobus, che è proprio davanti a noi, e andiamo in città a Pafos al museo archeologico. Contiene molti materiali preistorici, dell’età del bronzo, e infine geometrici e classici. Fuori in giardino, all’ombra dei pini, Primo esorta Nicoletta a parlare delle iscrizioni e del dialetto di Cipro; colta di sorpresa, improvvisa un discorso per il pubblico periegetico seduto sulle panchine, parlando di sillabario cipriota, dialetto arcado-cipriota, lineare B, ecc. Riccardo la tempesta di domande.
Poi, alla ricerca di un caffè, camminiamo a lungo senza trovare nulla. Finalmente in centro, dove ci sono la zona commerciale e il mercato, troviamo un piccolo bar ventilato dove ci sediamo al fresco; ma Riccardo risulta disperso, è andato alla ricerca di un qualche artigiano dalla mano garbata ed esperta che gli accomodi lo zaino di pelle, che si sta definitivamente scucendo. Quindi ci avviamo agli autobus per scendere in basso sul mare a visitare il sito archeologico dell’antica Pafos (che poi è ‘nuova’ rispetto a quella veramente antica, vicina al santuario di Afrodite). Riccardo, che viaggiava con un’elegantissima maglietta color avana-crema al caffè, non riemerge, si è definitivamente perso.
Lo scavo dell’antica città è molto interessante, arricchito da bei mosaici di età romana. Ma il sole picchia implacabile, e il clima di questa costa sud è insopportabilmente caldo-umido; i più rischiano un colpo di calore pur di visitare le bellissime rovine, mentre Nicoletta si ritira in un caffè vicino al mare, sotto l’ombra fitta di un gigantesco albero di ficus dove soffia una dolce brezza per poi raggiungere gli altri alle 14.00. Arrossati e sudati, molti gettano la spugna, fuorché Primo e Franco che vanno a piedi a visitare le Tombe dei Re. Un contingente torna in albergo per tuffarsi nella piscina, molto frequentata ma anche molto grande, bella e fornita di cascate d’acqua, piscinette per bambini e bar sull’acqua. Nicoletta, Cristina, Isa, Nora e Daniela si sistemano sulle sedie a sdraio in riva al mare, nella luce pomeridiana che declina. Nuotano, si tuffano e si rituffano, mentre il sole volge lentamente al tramonto sull’orizzonte. A Cristina le prende infine lo scrupolo di lavorare al suo seminario sulle ‘Saghe dei Re’ (di Norvegia), e si mette a un tavolo del bar da sola, concentratissima sui suoi fogli. L’appuntamento è per le 20.00. Ceniamo al vicino ristorante Happy Island, dove ci portano una meravigliosa serie di mezes di pesce, e anche una faraonica moussakà.[1]Dopo il pesce freschissimo arriva l’ottima uva (σταφύλι); prezzo medio 13 euro a testa.
Sabato 31 agosto. Abbiamo noleggiato un grosso pulmino con driver, che ci contiene tutti. Abbiamo optato per avere l’autista perché pochi di noi hanno portato la patente e hanno voglia di guidare a sinistra. Tutta l’isola, anche la parte occupata dai turchi, ha la guida a sinistra, come si conviene a un’ex colonia britannica. Il nostro guidatore è un giovane molto professionale e ben disposto, bravo e sorridente, che si chiama Costantino (Kostas). La mattina ci buttiamo subito a visitare il sito del famoso santuario di Afrodite. Sono le nove e l’aria è ancora abbastanza fresca; la posizione è bellissima, in alto sul mare. C’è anche un piccolo museo che contiene il prezioso betile, il simulacro aniconico di quella che sarà la dea di Pafo, la pietra venerata per millenni in questo luogo che è la culla del culto di Afrodite. Abbiamo molto letto sulla genesi della dea, dai testi antichi (Esiodo e gli altri) agli studi moderni che la mettono in relazione con Astarte e le grandi divinità orientali della fecondità e della regalità. Afrodite emerge come sintesi di questi culti precedenti, ed emerge dalla spuma del mare di Cipro, donde l’epiteto di Cipride usato da Omero. Da qui verrà grecizzata e accolta nel pantheon degli olimpii. I suoi santuari sono all’aria aperta, alla luce, al sole; anche questo di Pafo è un luogo luminoso. Il betile che ha preceduto la concezione antropomorfa della dea è una bellissima pietra nera di origine vulcanica, liscia e morbida, dalle linee sinuose, per secoli e secoli lavata e unta di oli profumati, nascosta da veli od esposta ai fedeli al centro di un santuario che in età romana era ancora frequentatissimo.
Il betile ci sorprende, non ce l’aspettavamo così bello. Si comincia a scherzare, a scattare troppe foto, e quando anche Primo, arrivando buon ultimo, si unisce agli scherzi, il custode lo redarguisce, proprio lui che era assolutamente incolpevole. Ogni anno ci inventiamo qualcosa di giocoso: l’anno scorso il sarcofago immerso in mare, quest’anno le sequenze fotografiche col betile. Ma non dimentichiamo la presenza nella stessa sala di un gigantesco e bellissimo orcio di terracotta di età micenea o più antico, decorato a scanalature, che ricorda vagamente i grandi vasi per derrate che c’erano nella Creta minoica. Si fa poi una corsa anche al tempio di Apollo Ylates, dove tra le molte cose da vedere ci sono anche resti ben conservati di terme romane; scattiamo diverse foto tra le colonne e all’ombra di un grande olivo.
Al ritorno non possiamo non fermarci a fare il bagno alla spiaggia di Afrodite. Tradizionalmente la Petra tou Romiou è considerata la spiaggia dove approdò la dea nata dal mare. L’acqua è di un turchese intenso, accanto ai grandi scogli bianchi un piccolo scoglio nero emerge dalle acque come un macigno a poca distanza dalla spiaggetta; ci tuffiamo tutti. In realtà le spiagge sono due, ce n’è un’altra ancora più bella, lunga, bianca e sabbiosa, ma è esposta al vento e la risacca batte forte, per cui nessuno va in mare da quella parte. Peccato perché è bellissima e soprattutto la battigia è continuamente spazzata da una schiuma straordinariamente abbondante, pannosa e bianchissima portata dalla veemenza delle onde, che forse è stata spunto per il mito. Nuotando nell’acqua calda e mossa ci accorgiamo che è eccezionalmente salata, tanto che si galleggia più del normale, cioè più che nei mari italiani a cui siamo abituati. Davanti a noi non c’è nulla: solo mare aperto fino all’Egitto, nulla fino al delta del Nilo e al Sinai che ci stanno idealmente di fronte.
In un minuscolo baretto sulla strada mangiamo un boccone, un gelato e un caffè. Poi si deve correre all’albergo di Pafos perché alle 16.00 inizia ufficialmente il nostro convegno su Afrodite (vedi il programma in appendice). La saletta per conferenze è molto carina, dà su un terrazzo panoramico davanti mare. Gli oratori si alternano, a cominciare da Riccardo per finire con le interessanti considerazioni sui ‘giardini di Adone’ da parte di Isa. Finiamo elegantemente nei termini di tempo che ci eravamo imposti e torniamo a cena nello stesso ottimo posto di ieri.
Domenica 1 settembre. Nella giornata siamo riusciti a visitare tanti luoghi e a fare molti bagni in mare. La mattina partiamo verso nord, ma prima di arrivare sulla costa nella zona di Polis, ci fermiamo a visitare un bellissimo monastero bizantino, sorto sul rifugio rupestre dove si ritirò S. Neofito (άγιος Νεόφυτος). C’è la messa ortodossa e la bella chiesa medievale è stipata di gente, l’aria è piena di incenso che forma una nuvola profumata sospesa a mezz’aria. I popi cantano e leggono salmodiando, alla fine della funzione diverse donne escono portando vassoi pieni di semi, mandorle, grani, chicchi di melograno e altre simboliche delizie vegetali. Le offrono a tutti, anche a noi. Isa assicura che è un’usanza conosciuta anche in Puglia. Insieme ai riflessi dei giardini di Adone, questa regione conserva molto della cultura greca, e forse fa ancora un po’ parte dell’impero bizantino. Visitiamo il piccolo museo di icone sacre, accanto alle quali c’è una raccolta di vasi di età geometrica! Strane giustapposizioni che sembrano indicare la continuità della grecità. Il ritiro rupestre del santo è una piccola grotta tutta affrescata di pitture duecentesche che si estendono a ricoprire anche il soffitto. Il luogo è circondato da alberi e freschi giardini.
Andiamo poi a vedere il sito archeologico di Marion, dove però non c’è quasi più niente. Passata Polis andiamo al bagno di Afrodite (Λουτρα της Αφροδιτος) e alla vicina spiaggia. Si tratta di un bel percorso affacciato sul mare, in un parco protetto che ospita anche l’orto botanico. La passeggiata porta a una fonte che forma un grazioso laghetto tra le rocce, da cui stillano fili d’acqua argentea, e su cui si intrecciano rami di ogni genere, tra cui un bel fico. Sopra la vicina spiaggia c’è un bar dove si può anche mangiare. Noi ci fermiamo solo per un caffè, che abbiamo fretta di scendere al mare. La padrona del bar è una statuetta fenicia rediviva, sottile di corporatura, e con un naso notevole. L’accesso al mare non è bellissimo, ma basta fare due bracciate per trovare un’acqua limpidissima, verde-azzurra; Nicoletta e Cristina si allontanano da riva verso un grosso scoglio di pietra scura. Poi un lunch all’ombra, sotto la tettoia, e ci rimettiamo presto in moto.
Corriamo verso l’insediamento dell’età del bronzo di Maa-Palaiokastro. Che nome sarà Maa? Ricorda il Ma Gadi Eschilo (Eumenidi) che significa ‘Madre Terra’; vattelappesca. Si tratta di un promontorio fra due spiagge, due antichi attracchi, fortificato e con fondazioni di abitazioni quadrate; in una rotonda sotterranea sono esposte le illustrazioni della storia e della posizione di Cipro in età micenea. Sono moltissime le tracce di questa fase storica sull’isola, è infatti il periodo che ha dato una decisa svolta all’ellenizzazione di Cipro. A Coral Bay infine ci fermiamo per un altro bel bagno, Nicoletta, Cristina, Isa, Sara e Concetta nuotano al largo. Prima di tornare in albergo a Pafos andiamo a dare un’occhiata allo strano insediamento preistorico di Lempa, dove sono state ricostruite alcune capanne circolari del neolitico. In una di queste fu trovata la famosa statuetta femminile detta ‘the lady of Lempa’.
Cena da Theo sul mare, posto molto carino dove si gustano pescioni alla griglia davvero squisiti.
Lunedì 2 settembre. Oggi è la giornata della trasferta a Nicosia. Procedendo da Pafos verso est ci fermiamo per prima cosa a visitare la località di Kourion, i cui resti archeologici vanno dal periodo miceneo all’età classica. È in posizione privilegiata, alta sul mare, piena di luce. Il sito è molto vasto. Camminiamo a lungo fra il teatro (molto ricostruito) e le belle case ellenistico-romane, dove ancora si ammirano fantastici mosaici, a volte spiritosi. Ammiriamo la ‘casa dei gladiatori’ e quella ‘di Achille’, così detta perché c’è un bellissimo mosaico che raffigura Achille vestito da donna fra le figlie del re di Sciro: un Achille roseo con dei riccioloni biondi parecchio divertenti.
Andando ancora verso est entriamo nel traffico di Limassol, dove ci fermiamo al museo archeologico (ma quanti ne abbiamo visti…). Qui sono raccolti molti bellissimi materiali, pezzi preistorici, e poi micenei, geometrici, romani. Tra questi ultimi una strepitosa collezione di vetri e ampolle conservate integre. Franco avvista uno ‘scolapasta’ di terracotta di età geometrica che è veramente notevole, forse era un setaccio, un filtro, un colino, ma è divertente perché ha i manici come un vero scolapasta. Quei secoli un po’ bui di passaggio dal tardo-miceneo al geometrico, che in Grecia è un’epoca un po’ povera, qui hanno tutta un’altra rilevanza: ormai si è capito, vedendo tanti musei, che a Cipro questa è una fase a lungo prospera, vivificata anche da intensi traffici con l’oriente, dove gli immigrati greci conservano quella floridezza che in patria si era perduta.
Alcuni mangiano da Danae, all’ombra di una pergola, mentre altri vanno a cercare la spiaggia. Riprendendo il viaggio, sostiamo a vedere Amathous (Amathounta, in italiano Amatunte)[2]. I resti più belli e visibili sono dell’età classica, ma il luogo è di fondazione micenea, e Primo sale fin sull’acropoli dove vede tracce di mura ciclopiche; doveva essere frequentato comunque anche in epoca più antica, perché nell’entroterra c’erano le principali miniere di rame, quelle per cui Cipro acquistò l’importanza che sappiamo. Di noi solo Riccardo si tuffa in mare, di là dalla strada, ma l’acqua è torbida.
Prima di passare definitivamente a Nicosia ci fermiamo curiosi sul luogo neolitico di Choirokoitia (Chirokitìa). Inserito nel Patrimonio dell’umanità dell’Unesco, il sito è stato abitato a partire dal VII millennio fino al 6.000 a.C. Vi è traccia di un culto dei morti, che venivano sepolti sotto il pavimento delle case. Kostas poi ci lascia all’hotel Classic di Nicosia, dove salutiamo il nostro bravo driver, sempre professionale e gentilissimo, a cui diamo una congrua mancia più che meritata. Il nostro bel pulmino bianco e giallo oggi aveva portato al traino anche un piccolo rimorchio dove erano chiusi tutti i nostri bagagli. Per cena, il ristorante da noi prescelto è già tutto pieno, per cui avanziamo senza meta per la via Ledras, fino al check-point della frontiera. Il passaggio è semplicissimo, basta mostrare un documento e conservare il foglietto timbrato che ti dà la polizia. A quel punto andiamo avanti incuriositi nella zona occupata, ma le strade sono semideserte, la voce registrata del muezzin ci trapassa le orecchie, e l’unico ristorante aperto nelle vicinanze è quello consigliato dai poliziotti! Ci sediamo dunque lì, benché sia abbastanza triste, senza nessun avventore; ma più avanti appare tutto deserto e buio. I camerieri, gentilissimi e pazienti, in realtà non sono turchi ma dello Sri Lanka; il cibo non è un granché. Primo invece era scappato subito per andare a mangiare nella zona greca, dove si troverà benissimo. Il nostro albergo ha un’architettura moderna interessante e di un certo gusto; ma poi scopriremo che l’hotel è decisamente “cervellotico” come dice Sara, pieno di strane scomodità.
Martedì 3 settembre. Dunque l’isola è divisa in due zone, quella greco-cipriota a sud, che fa parte della comunità europea ed ha l’euro, e quella della Repubblica Turca di Cipro Nord, non riconosciuta da nessuno, nemmeno dall’ONU, la cui moneta è la lira turca (ma accettano spesso anche gli euro). Dopo tanti anni di guerra, stragi e fucilate reciproche, oggi la situazione si è un po’ stabilizzata e pacificata, e l’attraversamento non dà problemi; i turisti sciamano anche al nord, benché sia – come diritto internazionale – terra di nessuno, senza ambasciate né contatti ufficiali con nessun paese, eccetto la Turchia. Noi vogliamo vedere tutto e non abbiamo nessun timore. La zona occupata è comunque strana, non è né come la madrepatria turca, né mediorientale, né greca, e appare vagamente più depressa della zona greco-cipriota. La natura però è bellissima e sono molte le cose interessanti da vedere. Scopriamo intanto che il nome vero di Nicosia è Lefkosia (Λευκωσία), Nicosia sarebbe una deformazione medievale da parte dei francesi o degli italiani, che agli inizi del 1200 la chiamavano già così.
La mattina andiamo subito al museo archeologico (‘Museo di Cipro’, fondato dagli Inglesi) che è nella parte greca della città. Restiamo a bocca aperta perché è uno dei musei più belli mai visti, da paragonarsi a quello eccelso di Iraklion a Creta. L’enorme ricchezza di materiali, la bellezza degli oggetti, il lungo arco di tempo coperto (dal neolitico alla civiltà bizantina), tutto concorre a farne un museo eccezionale. Vediamo gioielli, terrecotte dell’età micenea e geometrica, barchette e statuine di ceramica, pezzi di scultura di età romana di finissima fattura, statue d’influenza egizia, personaggi con copricapo di stile fenicio, tutto di straordinaria qualità artistica e in uno stile spiritoso e felice. Molte le iscrizioni sia in greco che in sillabario cipriota. I vasi e le svariate ceramiche hanno dipinti vivaci e originali, niente della severità attica, ma invece molta fantasia e briosa immediatezza delle immagini. Usciamo felici come pasque. Qualcuno osserva che nei museum shopdi Cipro non c’è mai niente di interessante da comprare, mentre probabilmente andrebbero a ruba le riproduzioni dei gioielli bizantini e degli orecchini d’oro a forma di grappoli d’uva. Giriamo intorno alle mura venezianedella città e entriamo in centro a vedere il museo Levendis. È messo molto bene, con criteri moderni, e raccoglie diverse collezioni di materiali che vanno dalle ceramiche micenee alle icone bizantine, fino ai costumi del Sei-Settecento. Siamo sorpresi dai due bellissimi ritratti di Caterina Cornaro, la veneziana che fu l’ultima regina di Cipro (1454–1510). Sono nientemeno che del Tiziano, uno della regina in veste verde, copia dell’originale che sta agli Uffizi. Ma ce n’è anche un altro, di Caterina in veste marroncina con bordi di seta a strisce arancio-e-beige, che non sembra essere una copia e che è assolutamente meraviglioso, una pittura di qualità eccelsa, che ha una luce chiara e viva, un esempio di prim’ordine del genio strabiliante del pittore. Ci incantiamo davanti al ritratto parlante della bella Caterina, e poi scendiamo in strada.
Lunch al ristorante Kαθ’οδον che a quest’ora è tranquillo e senza folla (la sera prima era gremito e rimbombava di musica dal vivo). Cibo di ottima qualità e caffè. Nel pomeriggio molti di noi vanno a visitare la parte ‘occupata’ della città, con le sue moschee e il caravanserraglio. Per cena siamo al ristorante Pyxida (Πύξιδα) e si unisce al gruppo Ilaria che soggiorna qui per un lavoro del Dipartimento di Architettura su Lissidol. La cena è squisita, servita e apparecchiata a regola d’arte, il cibo è un sontuoso crescendo di mezes, che partono dalle salsine, tzaziki, olive e antipastini di piccola taglia, fino alla sciabica, sardine fritte, polpi, granchietti, gamberi, merluzzi fritti con salsine, insalate greche, pomodori, patate arrosto, triglie, calamari e crostacei vari, e un pescione alla brace per gran finale! Arrivano poi i vassoi con la frutta già affettata (meloni, cocomero, pesche, susine mature, uva, fichi ed altro ancora) accompagnati da gelati e sorbetti… Mai mangiato così bene. Il pesce in quest’isola è sempre freschissimo.Salutiamo infine Ilaria, che ha riscosso molta stima e simpatia da parte dei periegeti.
Mercoledì 4 settembre. Invece dei siti archeologici oggi c’è un programma estemporaneo con gita in barca. Infatti la mattina abbiamo perso tempo con intoppo nel passare la frontiera verso la parte turca. I tre taxi che avevamo concordato ci lasciano al check-point di Ledras street. Attraversiamo i controlli di frontiera a piedi, ma di là non c’è il pulmino turco che come da accordi doveva aspettarci e prelevarci. Siamo amaramente bidonati, il sedicente organizzatore di noleggi si è volatilizzato e fino all’ultimo nega e tergiversa, perfino alle telefonate! Quando è chiaro che nessun autista di pulmini verrà mai, Riccardo sbraita inviperito, Primo elabora la sua ira masticando tra i denti sottovoce, Nora per la prima volta esterna con male parole. Ma subito decidiamo di andare fino all’ albergo di Kyrenia per conto nostro. Ci soccorre l’arrivo casuale di un taxi, subito bloccato da Riccardo. Il tassista, questa volta persona seria e affidabile, subito chiama due colleghi e veniamo comodamente trasportati all’hotel Club Z, nei pressi di Kyrenia. Siamo sul versante nord dell’isola, più fresco e ventilato; ci sono il giardino e la piscina e dunque ci sistemiamo contenti e rilassati. Ci avviamo subito verso il mare, coi costumi da bagno già indosso. Primo obbiettivo: visita al castello, dai cui spalti si ammira il mare. Dentro la fortezza c’è un piccolo museo con reperti preistorici, ma soprattutto lo scafo ben conservato di una nave mercantile del V secolo a.C., recuperata dagli archeologi subacquei. Mangiamo sul porticciolo della cittadina, e a fine pasto Concetta e Riccardo notano diverse belle barche che portano in giro i turisti: subito ne bloccano una, che ci porta a fare il bagno al largo fino alle 17.00. Ci divertiamo un sacco a navigare e infine ci ancoriamo; Primo si esibisce nei suoi tuffi, tutti nuotano beati. Ci sdraiamo a asciugarci al sole sui cuscini, poi lo skipper ci prepara una merenda a base di frutta, cocomero e melone a fette. Un piacevole ritorno e un bel diversivo per tutti noi. Una tranquilla cena in albergo, al buffet che è contiguo a un casinò per giochi d’azzardo! Circolano infatti strani movimenti di gente gravitante attorno al casinò. Il dopocena lo passiamo a chiacchierare sdraiati sulle poltrone del patio; nella hall hanno acceso la televisione italiana (Rai 1). Per l’indomani abbiamo prenotato un pulmino con autista.
Giovedì 5 settembre. La mattina arriva puntuale il pulmino noleggiato. L’autista è un turco sorridente, piccolo, tozzo e grasso, che si chiama Murat. Per la strada sale a bordo anche suo figlio, che viene a dare una mano al babbo. Andiamo subito lungo mare verso ovest, verso Morphou. Ci fermiamo alla chiesa di San Mamas,un santo della chiesa orientale che è rappresentato nell’iconografia sempre a cavallo di un leone. Secondo la leggenda agiografica aveva infatti ammansito un leone. Il sarcofago di marmo del santo è inglobato nel muro nord della chiesa, costruito volutamente proprio sopra alla tomba. Lì vicino c’è un museo che raccoglie i ritrovamenti provenienti dagli scavi di Soli (Σόλοι) e Vouni (Βουνι). Nicoletta, desiderosa di caffè, lo trova in uno stambugio dove un omino si stava facendo il caffè turco in un pentolino; glielo offre rifiutandosi assolutamente di essere pagato e viene ringraziato caldamente.
A Soli si ammira una grandissima basilica paleocristiana con splendidi pavimenti a mosaico del V secolo d.C. All’entrata del sito la moglie del custode che dà i biglietti regala un limone a Nicoletta, che aveva espresso un certo desiderio di agrumi. L’antico teatro fu smantellato quasi tutto alla fine dell’Ottocento. Siamo in vista del mare, ma non molto vicini; mentre a Vouni, un po’ più a ovest, ci troviamo in alto quasi sulla riva. Qui si visita un bellissimo ‘palazzo’ dell’epoca in cui Cipro era sotto il dominio persiano (V sec. a.C.). La luce è fantastica e il panorama include una grande striscia di mare sottostante, color blu profondo. In cima c’è un belvedere, da cui si ammira anche l’entroterra collinoso, segnato dai terrazzamenti di antiche cave di rame. Scendiamo alla spiaggia, dove troviamo una taverna su palafitte, dal pavimento di assi di legno entrano gli spruzzi delle onde. Siamo quasi soli, il luogo è piacevolmente tranquillo, sebbene ventoso. Riccardo non perde occasione per buttarsi in mare. Siamo molto vicini alla ‘Green line’, la striscia di frontiera sorvegliata dall’Onu, e incontriamo posti di polizia.
Lunga trasferta verso Salamis sulla costa orientale. Perdiamo il bivio per Enkomi e attraversiamo Famagosta. L’autista Murat perde la strada ma alfine arriviamo al nostro albergo Sky Venus Beach, sul mare nei pressi di Salamis. È un gigantesco albergone pieno di russi e di polacchi; naturalmente Riccardo si tuffa in mare subito prima di cena. Per pigrizia mangiamo in albergo al buffet, ma la sala da pranzo è in un antro mal progettato, sebbene situato sulla spiaggia, e certo si sarebbero potute trovare soluzioni architettoniche più gradevoli. Vedremo il mattino dopo che la costa è parecchio cementificata (a dire il vero anche quella sud). Passeggiando lungo mare si possono trovare sbarre di ferro arrugginite affioranti dalla sabbia, accanto a noi un ecomostro abbandonato è circondato di macerie e vecchie lamiere. Ma stasera si organizza un raduno all’aria aperta con sedie e chaiselongues, sul faraonico terrazzo della stanza di Isa e Giorgio. Isa ha portato i dolci e si spengono le luci per ammirare le stelle. Non c’è inquinamento luminoso e si vede la Via Lattea! Lontano sull’orizzonte verso est c’è un corridoio aereo, perché gli aeroplani passano in su e in giù in continuazione, con rotta nord-sud.
Venerdì 6 settembre. Bellissima scorribanda panoramica fino in cima alla penisola di Karpaz (Karpasia). Qui il paesaggio è più naturale, ci sono molte meno costruzioni, e lo scenario sul mare quasi selvaggio. Il vento soffia da nord, la costa sud è al riparo sottovento e il mare calmissimo. A sinistra, cioè verso nord, si comincia a delineare all’orizzonte l’ombra del continente, cioè la costa meridionale della Turchia. Murat ce la indica con tono nostalgico. Proprio sulla punta si vedono al fine i due mari che si toccano e si mescolano. Siamo molto vicini anche alla Siria e di fronte all’antica Ugarit. Sulla punta ci sono grotte con tracce di insediamento neolitico, che Primo va subito a fotografare. Saliamo in cima alla roccia del promontorio panoramico, battuto dal vento. All’andata ci eravamo fermati a vedere la basilica di Agios Filon, in riva al mare. Queste chiese medievali in territorio mussulmano non sono più vive, sono trattate come vestigia museificate di culture ormai trapassate. Vicino alla punta avevamo visto anche il santuario di S. Andrea Apostolo, dove tuttora si recano in pellegrinaggio gli ortodossi. È una chiesa bizantina che racchiude icone, ma il luogo è ridotto in uno stato di penoso degrado, nonostante le cure del sagrestano ortodosso. I ciuchini bradi e inselvatichiti che avevamo incontrato per la strada arrivano fin qui, e cercano da mangiare attorno ai visitatori; vagano anche fra le bancarelle di un mercatino di souvenir per i pellegrini. Noi gli avevamo già dato un po’ di biscotti.
Al ritorno dalla punta della lunga penisola ci fermiamo ad ammirare una spiaggia incantevole, nota come ‘Golden beach’. Scendiamo di corsa per precipitarci in mare. Riccardo prenota un tavolo alla tavernetta che sta appostata suuna duna, e tutti scendono in acqua. Il mare è caldo e limpido, nonostante il fondo sabbioso l’acqua è trasparentissima e azzurra proprio color acquamarina; le onde leggere si frammentano in mille piccole sfaccettature, come nei quadri del Quattrocento. C’è pochissima gente, il paesaggio è paradisiaco. La sabbia dorata è fine e calda, ma soprattutto “canta” a ogni passo: infatti quando si affonda il piede, la sabbia emette un suono come di violino. Un granchietto ha scavato sulla riva un suo buco nella sabbia, da cui si affaccia curioso. Le tartarughe caretta-caretta però non le abbiamo viste. Dopo essersi rosolati ben bene al sole saliamo su a mangiare il pesce alla brace. La nostra bella tavolata è al fresco, fra gli olivi mossi dalla brezza.
In questa splendida cornice, dopo aver bevuto un caffè turco, giunge il momento adatto per discutere della prossima Periegesi 2014. Prendono corpo tre ipotesi: 1) quella di Riccardo che vuole traversare l’Anatolia per approdare a Chio. Cioè Ankara, civiltà ittita, Çatal Yüyük, un tratto della via Regia dei Persiani, Smirne e infine Chio culla di Omero. Bello e certo affascinantissimo, ma ci spaventano un po’ le grandi distanze. 2) La seconda proposta, avanzata da Primo, intende proseguire il cammino di Afrodite, partendo da Citera per risalire la Laconia e il Peloponneso fino ad Argo e Corinto, e passare infine a Megara e Salamina. 3) La ipotesi di Nicoletta infine ripropone il tratto della via Egnazia da Costantinopoli a Salonicco, con particolare attenzione alla capitale dell’impero bizantino, ad Adrianopoli, il fiume Ebro, l’isola di Taso, i monti del Rodope, forse il Pangeo. Cullati dalla brezza di mare, arriviamo a un sereno ballottaggio tra le ultime due, tra cui vince la proposta di Citera-Salamina (“Seguendo la Dea”). Forse è segno che in realtà, dopo tanta Turchia e Cipro, i periegeti più o meno inconsciamente cominciano ad avere nostalgia della Grecia vera.
Prima di rientrare in albergoandiamo a visitare gli scavi della bellissima Salamis, una città di enorme estensione, che include terme romane, statue, teatro, basiliche, templi e svariati altri monumenti; sono bellissimi nella luce calda della sera. Giunge alfine il momento di lasciare il nostro pulmino e il fido Murat, che pur non capendo quasiper niente l’inglese, ci ha servito con garbo e dedizione. In viaggio avevamo fatto molte letture su Afrodite e Adone, sulla prostituzione sacra, su Pafos e Astarte, con le nostre incredibili discussioni condite da risate e barzellette. A Murat paghiamo la cifra pattuita, e gli aggiungiamo una bella mancia che lo rende felice, tanto che viene a salutarci affettuosamente uno per uno. Per cena buona parte del gruppo si diverte molto in un ristorante di Famagosta con musica dal vivo, dove i più scatenati hanno dato la stura a folli danze dionisiache.
Sabato 7 settembre. La mattinata la passiamo a Famagosta, dove morì tragicamente il povero Marc’Antonio Bragadìn. Il nome è la deformazione italiana del greco ‘Aμμόχωστος ‘sepolta nella sabbia’ perché la città fu fondata in un’insenatura sabbiosa.La navetta dell’albergo ci lascia in città, vicino a un orrendo monumento di bronzo, e cominciamo la visita a piedi. La bella maestosa cattedrale trecentesca è in puro stile gotico francese, tanto che da dentro potrebbe sembrare di essere in una città transalpina, se non fosse che si cammina scalzi sui tappeti dato che la chiesa è stata trasformata in moschea. Vediamo anche i bastioni veneziani, la cosiddetta torre di Otello, discutiamo a lungo di psichiatria e da ultimo finiamo in una famosissima pasticceria turca, sopraffina, dove ci abbuffiamo di gelati, dolci, caffè e pasticcini di una bontà incredibile. Si chiama Petek Pastahanesi. Che ne dice Giorgio che gioca sempre con le lingue, e si diverte a inventare le parole in turco maccheronico? La sua giocosa poliglossia ci ha felicemente accompagnato per tutta la periegesi.
Torniamo in albergo a Salamis e alle 16.30 in punto partiamo tutti per Larnaca, ultima tappa sull’isola. I nostri due taxi sfrecciano per la campagna, costeggiando il sito di Enkomi, e poi passano la frontiera in direzione sud poco prima di Pyla. Larnaca ci appare una cittadina molto carina; scendiamo all’hotel Livadhiotis, che ha tre stelle ma è di gran lunga migliore di quello di Salamis che ne aveva qiuattro. Questo è grazioso, funzionale, pulito. Abbiamo già notato la vicina chiesa bizantina di San Lazzaro, che visiteremo la mattina dopo. Prima di cena andiamo a spasso sul bel lungomare, e ci fermiamo per una happy hour a un piccolo bar sulla spiaggia. Aperitivi, spremute, mojito, piña colada, vino bianco, sex-on-the-beach, acqua tonica, beviamo di tutto. Concetta smanacciando rovescia il bicchierone di Franco! Sul mare passano alcune barche, e c’è gente che fa ancora il bagno a quest’ora. Andiamo a cena da Dionysos davanti alla spiaggia; due locali più in là imperversa la musica turca con la danza del ventre. Domattina si deve partire alle 10.00 per l’aeroporto.
Domenica 8 settembre. Ci precipitiamo tutti a visitare la chiesa di S. Lazzaro, che la domenica mattina diffonde un rasserenante suono di campane. Si tratta proprio di Lazzaro quello che fu resuscitato, e il suo sarcofago di pietra si trova nella cripta; ma è impossibile scendere, la chiesa è gremita di gente, la funzione religiosa è in pieno svolgimento. Il pope canta, tutti si fanno il segno della croce. La chiesa è molto bellina e ben tenuta, con un bel campanile di stile occidentale. Arrivano poi puntuali i tre taxi che ci portano all’aeroporto di Larnaca. Siamo piacevolmente sorpresi a vedere com’è bello, grande e nuovo questo ‘aerodromio’, in fondo per una cittadina di non grandissime dimensioni. Il volo delle Cyprus Airways va diretto su Atene, e quando si avvicina all’Attica comincia una ‘guida sportiva’ di accelerate e discese che è alquanto singolare. In aeroporto Floriana trova la sua nipote Marta che è arrivata dall’Italia. Anche Teresa ci raggiunge ad Atene, è stata in vacanza a Idra e la troveremo che ci aspetta vicino al nostro ottimo albergo. Tutti vogliono andare in città in taxi, anche se la convenienza non è molta col gran traffico di macchine che c’è.
Non possiamo esimerci dallaclassica passeggiata del pomeriggio ad Atene. Sgranchendoci le gambe attorno all’acropoli arriviamo davanti all’Areopago. Ci arrampichiamo sulla roccia rosata, levigata dal tempo ma pur sempre molto dura e un po’ scivolosa. Da lassù, benché non sia molto in alto, si vede già il mare. Improvvisiamo un processo ad Oreste in piena regola. Nicoletta e Primo sono dalla parte delle Erinni, Riccardo invece difende l’imputato. Ognuno parla a turno. L’ora dorata, la brezza da nord, la visione sospesa dell’acropoli e della Pnice, tutto il panorama di alture verdi circondate dalla grande città ci comunicano una sensazione meravigliosa. È sempre la stessa storia: ogni palmo di terra della Grecia è carico di significato, e si sente. Alla fine le rocce su cui sediamo sono diventate parecchio dure, ma pare che anche i giudici dell’Areopago sedessero proprio così sul duro, o avranno avuto dei cuscini? Giriamo poi attorno all’agorà da dietro, per andare a accomodarsi a un bar proprio di fronte a quel che resta del tempio dei dodici dèi. Birre, aranciate e un po’ di tzaziki, mentre Riccardo si prepara psicologicamente alla sua pompé solitaria verso Eleusi, dove arriverà a buio. Contando anche il tempo del ritorno, sarà di nuovo in centro ad Atene alle due di notte. Noi invece, tornati in albergo, ci diamo appuntamento per una piacevole cena da Diogene. Una serata dolce e riposante. La città però mostra già i suoi guai, figli della crisi economica. Circolano molti mendicanti, che non avevamo mai visto negli anni precedenti, anzi la Grecia un tempo si segnalava per la dignitosa mancanza di emarginati palesi; la gente è effettivamente impoverita e un po’ malandata.
Lunedì 9 settembre. Ci avviamo a piedi verso il museo Benaki, passando davanti al Parlamento e imboccando il viale Basilissa Sofia. Ci sono assembramenti di turisti che vogliono fotografare il cambio della guardia, ammirando la marcia dei bellissimi euzonoi, che oggi sono in beige anziché in bianco. Nelle strade vicino a Sintagma sono dislocate molte camionette di polizia in assetto antisommossa. Però è lunedì, e il Benaki è chiuso, come pure il museo bizantino. Ci fiondiamo allora sul vicino museo dell’arte cicladica. È ancora più bello di ricordavamo, organizzato su quattro piani e chiarissimo nella sua impostazione didattica; ma non è solo questo, è che contiene una bella quantità di materiali assolutamente strepitosi. Al primo piano ci sono le collezioni di statuette cicladiche di ogni dimensione, i famosi idoletti del 3000-2000 a.C. Ai piani superiori reperti di eccezionale bellezza: arte dell’età del bronzo e del periodo arcaico, al terzo piano una grande raccolta di tutti i materiali ciprioti, che per noi è come una grande sintesi di tutto quello che abbiamo visto sull’isola; ammiriamo i gioielli d’oro e i pannelli esplicativi, i video divertenti e interattivi, come quello che spiega tutte le scritture di Cipro, dalle iscrizioni fenicie a quelle ‘minoiche’ in eteo-cretese, fino al classico sillabario cipriota e a tutte le epigrafi in greco normale e in latino trovate sull’isola. Infine al IV piano le scene di vita quotidiana con ricostruzioni ben fatte.
Nel grazioso bar del pianterrenoqualcuno prende un caffè. Al museum shop questa volta ci sono cose interessanti, anche repliche dei bracciali d’oro ciprioti che avevamo ammirato di sopra. Nicoletta si accorge con sgomento che non ha più né la carta di credito né il bancomat e corre in albergo dove per fortuna le recupera. Il resto del gruppo intanto si reca al Licabetto. Essendo oggi lunedì, non ci sono le rappresentazioni sperate: le danze greche di Dora Stratou erano ieri, la commedia di Aristofane “La Pace” sarà nei giorni prossimi proprio all’Erodion. Andiamo infine a cena su una terrazza panoramica dalle parti del Filopappo. Purtroppo non si mangia molto, Teresa è assai penalizzata, per qualche disguido infatti le portano solo ‘chorta’ e poco più!
Martedì 10 settembre. In vista della partenza ci limitiamo a una passeggiata su per la stradina che sale e gira attorno all’acropoli, per finire nel bellissimo museo Kanellopulos che esibisce, tra l’altro, strepitosi orecchini bizantini di oro e smeraldi. Quest’anno per fortuna ad Atene c’è un ottimo clima. Nicoletta, Concetta, Franco, Primo, Nora e Riccardo mangiano piacevolmente al fresco in una tavernetta, sull’angolo della stradina che sale su lungo la zona archeologica, ma presto si deve tornare in albergo dove ci aspettano le auto che ci portano all’aeroporto. I saluti definitivi si faranno a Fiumicino. Anche quest’anno la Periegesi è finita. La scelta di Cipro ci ha portato in luoghi molto interessanti, insoliti come Cipro nord, e siamo riusciti come sempre a inventarci molti divertimenti, discussioni appassionate, scherzi e risate.
Appendice
Convegno su Afrodite – Giornata di studi su Afrodite a Cipro
Paphos, 31 agosto 2013
Alexander the Great Beach Hotel
Nata dalla spuma del mare, Afrodite approda alla spiaggia di Paphos nell’isola di Cipro che, da “allora” può vantare di essere l’isola della dea cipride. Ma questo approdo mitico rimanda, come spesso, a racconti che affondano le radici su premesse anche storiche seppure al confine tra tracce riscontrabili ed inferenze possibili. La “Dea dei naviganti”, che già trova ascendenze nella egizia Iside, dea della navigazione oltre che dell’amore, sembra infatti aver preso le mosse da questi lidi tra Palestina ed Anatolia, per colonizzare il Mediterraneo ibridandolo di intrecci commerciali, lingue e culture. Di qui la disseminazione di templi fenici ad Ishtar, dea dell’amore, che si convertirà più tardivamente nelle greca Afrodite. Ma figlio della Dea, rapita dalla passione per Anchise, è Enea che dalle ceneri di Troia partirà per la fondazione di Roma. Un impero, quello romano, che rappresenterà l’alveo per la diffusione della Buona Novella e del Sacro romano impero di cui tutti, grazie alla ibridazione di culture medio-orientali, greche e romane, abbiamo la fortuna di essere eredi. Con animo trepido di fronte a tanta Dea ci accosteremo quindi ai lidi che ancora ne conservino le vestigia.
Programma
Riccardo Zerbetto (Direttore, Centro Studi di Terapia della Gestalt): Ishtar, Innanna, Astarte, Afrodite, Venere e i volti della dea dell’amore… e dei naviganti nella colonizzazione del Mediterraneo.
Daniela Fausti (Docente di Letteratura greca, Università di Siena): Afrodite greca, tra Esiodo ed Omero e gli altri (Afrodite urania e Afrodite pandemia nella lettura platonica del mito).
Primo Lorenzi (Psichiatra e doc. inc. Università di Firenze): Donne e qualità afroditica: Elena e le altre.
Sara Bergomi(Letterata e counselor): Lo spirito di Afrodite e l’anima del mondo nel pensiero di J. Hillman.
Giorgio Bergamini (Ingegnere):Dalla navigazione fluviale alla colonizzazione del Mediterraneo.
Isa Sardella Bergamini: I giardini di Adone.
[1] Mεζές (plur. μεζεδες) significa ‘antipasto, stuzzichino’ (parola di origine turca!). A differenza della madrepatria greca, qui a Cipro coi mezes si possono fare interi pasti abbondantissimi.
[2] Citata anche da Catullo quando invoca Afrodite con le parole: nunc o caeruleo creata ponto,/quae sanctum Idalium Uriosque apertos /quaeque Ancona Cnidumque harundinosam /colis quaeque Amathunta quaeque Golgos…La dea dunque è ‘creata dall’azzurro mare’.