XVI PERIEGESI – Diario Cefalonia, Itaca, Peloponneso ed Eleusi
La religione dei misteri 2a. tappa: “Il Peloponneso e Eleusi”
31 Agosto – 11 Settembre 2016
I luoghi: Cefalonia: Argostouli, Same
Itaca: acropoli di Alalcomene, Vathi, Stavros, Aetos, Baia di Polis, “Scuola di Omero” (scavi), Frikes, Kato Pissos, Same
Cefalonia: Museo, risorgenza delle acque della grotta di Droganari, Grotta di Droganari, grotta di Melissani, spiaggia di Marcovari, acropoli di Same, “tomba di Ulisse” (il Tholos miceneo di Poros), porto di Poros
Peloponneso: Killini, Olimpia, Kalò Nerò, Lepreon di Demetra, Figalia, cascate del Neda, tempio di Apollo Epikourio a Basse, tholos di Peristeria, Palazzo di Nestore, spiaggia di Voidolokia, Pylos, Messene, Kalamata, Andania, Karnasi, Lycosoura, Tegea, Tripolis, Orcomeno, Stynphale, Atene
Pompè verso Eleusi: Keramikos, Aigaleo, Dafnì (tempio di Apollo), sacello di Afrodite, Laghi Reithioi Eleusi, Atene
Partecipanti: Angela, Concetta, Cristina, Eugenia, Floriana, Franco, Giorgio, Isa, Laura, Marina, Nora, Primo, Riccardo, Sara, Sandro, Teresa, Virginia.
Il viaggio prevede quest’anno la visita di Cefalonia e Itaca con un rimando costante ai luoghi di Odisseo. Poi il trasferimento nel Peloponneso. La visita di Olimpia e di Pylos. Ma anche di una serie di siti legati al culto di Demetra. In chiusura, una nuova visita ad Eleusi compiendo il percorso (la ιερα’ οδός) degli iniziandi ai sacri misteri della dea.
Mercoledì 31 agosto. Ci ritroviamo tutti a Cefalonia in serata, allo “Ionian Plaza”, che Nora ha scelto per noi in Argostouli. Per cena andiamo da Ampelaki (che significa: “tavernetta”) dove assaporiamo delle “barbounia” (triglie) che si rivelano saporitissime.
Giovedì 1 settembre. Si parte puntuali con pullman con autista. Percorriamo la impervia strada di montagna che collega Argostouli con Same, l’aurora è qui proprio “dalle dita rosate”.
Primo espone il programma giornaliero, tutto imperniato sulla ricerca dei possibili palazzi di Odisseo. Ovvero delle residenze dei wanax micenei di Itaca. Al porto di Same l’imbarco è pronto e veloce. Il gruppo appare tranquillo e simpatico. Mare piatto, il sole che nasce, grande calma, odori del Mediterraneo mentre si traghetta verso l’isola di Ulisse.
Sbarcati a Itaca diamo una rapida occhiata all’acropoli di Alalcomene, poi ci dirigiamo verso la capitale Vathi (la “Profonda”). Visitiamo subito il museo archeologico. È gratis, ma ci sono poche cose, senza nessun apparato didattico. Vi sono esposti reperti provenienti dagli scavi di Alalcomene, di Aetos, della baia di Dexia. La visita è veloce, poi ci attardiamo per un caffè.
Si riparte per Stavros, passando per la spiaggia di Aetos, proprio dove sorgeva il porto della omonima città dorica che prese il posto della città micenea (quella che stiamo andando a visitare) come capitale dell’isola, al momento dell’invasione dorica.
Si arriva a Stavros per una strada molto panoramica. Ci fermiamo ad una curva con un bell’affaccio sulla baia di Polis. Cerchiamo di divinare la grotta dedicata al culto delle ninfe dove sono stati trovati i resti di vari ex voto, fra cui i tripodi conservati all’Antiquarium di Stavros. Naturalmente anche questa, insieme a quella di Dexia, è indicata come la “Grotta delle Ninfe”, quella in cui Athena consiglia ad Odisseo di depositare i doni di Alcinoo. Scavata dagli inglesi, è stata chiusa dopo il crollo occorso durante il terremoto del 1956.
Il nostro autista ferma il pullman nella piazza di Stavros, vicino ad un bar. Proseguiamo a piedi per il piccolo museo archeologico, anche questo a ingresso libero. Nessun apparato didattico per materiali che potrebbero essere molto interessanti. Qui sono raccolti i frutti degli scavi sulla collina di Pilikata, dove peraltro ci troviamo. La collina è appena sopra l’abitato di Stavros. Vi sono state trovate testimonianze di un insediamento umano che risale al Neolitico e continua fino alla fine dell’età del bronzo, quando viene repentinamente distrutto e definitivamente abbandonato. Dalle testimonianze archeologiche è senz’altro la più probabile sede dell’insediamento miceneo a cui fa riferimento il racconto riportato nell’Odissea. Un’ipotesi, seguita da molti studiosi, è che proprio qui, nel punto più alto, potesse sorgere il Palazzo di Odisseo: il palazzo del wanax, essendo questo il più importante insediamento miceneo dell’isola.
Nella zona ci sono molte villette con alti muri perimetrali per la cui costruzione sembra siano stati usati blocchi provenienti dal muro di cinta della città micenea che erano ancora presenti in situ, almeno fino ancora ad un secolo fa, in base ai resoconti della scuola inglese che ha qui scavato.
Proseguiamo dunque per la così detta “Scuola di Omero” dove l’Università di Ioannina sta scavando da una ventina di anni. Nel precedente viaggio a Itaca (IX° Periegesi) li abbiamo trovati al lavoro ed abbiamo scambiato parole sui loro studi.
Facciamo un lungo cammino sotto il sole, con Teresa sempre in prima fila. Altri sono tornati indietro e ci raggiungeranno in un secondo tempo portandosi dietro anche l’autista che si era fermato al bar della piazza.
La zona degli scavi è in stato di triste abbandono. Non un cartello didattico (o, quanto meno, esplicativo), erbacce, buche mal coperte. Nonostante questo procediamo all’esplorazione, con Teresa sempre avanti. Ritroviamo il probabile megaron nella parte bassa della struttura palaziale. Argo, fedele, devoto, doveva stare proprio dove abbandoniamo la strada carrozzabile. Il megaron, ad un ascolto attento, è ancora percorso dalle grida dei Proci. Sopra compaiono le scale percorse da Penelope, la stanza del talamo, poi trasformata in chiesa, così da serbare quella sacralità su cui tutto il nostos di Odisseo è costruito: l’olivo, il talamo, il palazzo, l’isola….Primo già scorge più in là il ripostiglio con l’arco della strage. Poi le stanze delle ancelle.
Teresa si arrampica ovunque, sempre Primo, con ammirazione, la trasfigura in Euriclea e risuonano i versi divini nella traduzione del Pindemonte.
…
La buona vecchia gongolando ascese
Nelle stanze superne, alla padrona
Per nunzïar, ch’era il marito in casa.
Non le tremavan più gl’invigoriti
Ginocchj sotto; ed ella a salti giva.
…
Riguadagnato il bus ci dirigiamo verso Frikes. Grazioso porticciolo con molti ristoranti, ma senza spiagge. Alcuni chiedono di andare oltre, verso le molte insenature che sono fra qui e Vouni. Ci fermiamo in una baia con un’acqua magnifica, trasparente, salatissima. È l’occasione per un bagno che dura quasi fino all’ora pattuita per il ritorno: le 14.30.
Ormai sulla via del ritorno l’autista ci dice che il traghetto è in ritardo e ci riporta nella piazza di Stavros. Ognuno costruisce il suo tempo come vuole. Alcuni si ristorano con un’insalata greca sulla terrazza di un ristorante locale, dal nome suggestivo: Ithaki. Il pranzo è servito su una terrazza con uno splendido affaccio sulla baia di Polis. La spesa è irrisoria.
Infine si parte. Veloci le operazioni di imbarco a Kato Pisos. Qui doveva esserci anche il punto di attracco ad ovest della città dorica di Aetos. Il monte con l’acropoli domina su di noi. Qua e là i resti delle mura e le tracce di edifici crollati.
Veloce il traghetto fino a Same. Da qui rifacciamo il valico che porta ad Argostouli. Paesaggi quasi alpestri, selvaggi, con improvvise orride aperture di forre e dirupi. In cima un altipiano scarsamente coltivato. Le indicazioni di uno dei sacrari della divisione Aqui qui trucidata dai tedeschi nel 1943.
Arriviamo a Argostouli verso le 18.00 Anche satsera non è possibile prenotare al Casa Grec e torniamo all’Ampelaki, dove mangiamo ottime piccole triglie fritte e horta, la verdura greca che amiamo. Ci raggiunge anche Lidia, poeta di Milano. Alla fine della cena fa un “reading” delle sue poesie. Sullo sfondo i rumori del ristorante e anche una melodia di bozouki.
Venerdì 2 settembre. Il programma era di dedicare la prima parte della giornata al museo di Argostouli che serba i reperti del vicino villaggio miceneo, degli scavi di Skala e anche del tholos di Tzanata, ma scopriamo che è chiuso dalla primavera, a causa di una scossa di terremoto.
Si parte dunque alle 10.00. Primo espone il programma del giorno. L’autista ci porta a vedere il sacrario dei soldati italiani passati per le armi nell’eccidio di Cefalonia. Di seguito vediamo anche la fossa dove molti furono infoibati.
Poi ci mostra anche la risorgenza delle acque della grotta che di qui a poco andremo a visitare. Sembra ci sia una comunicazione fra le acque di Melissani e una risorgenza di acqua dolce che appare su un promontorio di fronte a Lixouri.
Il tema di oggi è quello delle Ninfe e della presenza micenea nell’isola di Cefalonia. Visitiamo la grotta di Droganari, con l’ampio salone chiamato “Apoteosis”. La sistemazione per consentire l’uso turistico della grotta è stata pesante e senz’altro eccessiva. Addirittura nell’ampio salone dell’Apoteosisis sembra che talvolta si tengano dei concerti. L’enorme corredo di stalattiti e stalagmiti è stato manomesso. Ciò nonostante la cavità conserva una maestosità impressionante. Ci trasferiamo dunque alla grotta di Melissani. La grotta è invasa da acque trasparenti. C’è un servizio di barche che porta i turisti a fare un giro. C’è una lunga coda. Tutto sommato sarebbe stato più bello vedere il lago dall’alto.
Intanto, mentre visitiamo le grotte, nel gruppo ferve la discussione sul tipo di cassa comune da istituire. In realtà si tratta di assestarci ad un modo nuovo di stare insieme. Il gruppo non è più quello delle prime periegesi: siamo aumentati di numero, abbiamo un bus e un autista. I convivi ora sono diventati pranzi di nozze. Non è facile trovare neanche la possibilità di mangiare tutti insieme ad un unico ristorante. Tanto meno di fare gruppo e conversazione comune.
Ormai sono le 13.00 e ci dirigiamo verso Same. Nora sbriga alcune formalità amministrative e a Riccardo vengono recapitati effetti personali che aveva lasciato a Argostouli.
Pranziamo alla spiaggia di Marcovari che però non ha niente che fare con quella di Antisamos. Vicina, ma a cui l’autista non ama andare. Forse perché c’è una strada sterrata. Primo si inoltra, da solo, verso nord per cercare un posto con un mare migliore. L’acqua è un po’ meglio, ma non molto pulita. Mentre si asciuga al sole arriva un’onda anomala che gli bagna l’asciugamano, le scarpe i calzini… Insomma deve rivestirsi alla meglio.
Prendiamo un’insalata greca a un ristorante vicino. Piacevole, ma un po’ caro.
Si riparte alle 15.30. Saliamo sull’acropoli di Same, difficile da visitare completamente per l’estensione impressionante delle rovine.
Riprendiamo il tema della cassa e delle cene comuni. Con punte di acredine si arriva ad una decisione sulla vexata quaestio. Il voto di Sara è decisivo (come quello di Atena per la condanna di Oreste): non si userà la cassa comune per le cene.
Arriva uno scossone di pioggia. D’ora in poi la pioggia e i temporali, saranno una costante che accompagnerà tutto il nostro viaggio.
Si visita la “tomba di Ulisse” (il Tholos miceneo di Poros). Lo troviamo chiuso, ma Giorgio trova un cancello aperto che permette l’accesso almeno alla parte alta del sito archeologico. Leggiamo le poche notizie riportate all’ingresso del dromos. La minaccia di pioggia ci induce ad affrettarci, ma sarebbe bello restare e, anche qui, leggere le versioni mitiche della morte di Odisseo.
Arriviamo al porto di Poros con molto anticipo. Giriamo per le banchine. Molti si ristorano al bar “Remetzo”. Si fa sera e le isole di Odisseo vengono prese dall’ombra.
Traghettiamo verso il Peloponneso mentre il sole tramonta fra i monti di Cefalonia. Il mare è calmo, la nave semivuota. Tutto è rilassante, un po’ triste e sonnacchioso.
Arriviamo a Killini alle 20.30. Veloce è il trasferimento all’hotel “Galmitza” la cui scritta, di un bluette fosforescente, si vede dal porto. Albergo un po’ polveroso che sa di Grecia d’antàn.
Si va cena a una trattoria vicina all’albergo, consigliata dal portiere. Si chiama “Stiva”. È proprio il caso di dire che “non si può portare il Cristo e cantar messa” (Plinio dixit): qui il gestore fa da cameriere, da cuoco, da intrattenitore… Si mangia bene, ma il servizio è lunghissimo. Si finisce che è quasi mezzanotte.
In albergo fa caldo, molto caldo, e fuori ci sono nugoli di zanzare. Lo scirocco alita costante. Comunque dormiamo bene.
Venerdì 3 settembre. La colazione al Galmitza è buona, tipicamente greca. Partiamo alle 9.00. Durante il viaggio verso Olimpia Riccardo parla di varie cose e poi Isa legge molti brani di Zanetto. Arriviamo alle 10.00. Incominciamo con la visita del museo. Interessantissimo.
Verso le 13.00 ci ritroviamo in un bar vicino dove acquistiamo varie cibarie. Molta cortesia nel servizio. Poi ci dirigiamo agli scavi archeologici. Si comincia dall’Altis entrando da sud ovest, laddove era l’entrata antica. Cominciamo la visita dal Pelopion. Poi passiamo al tempio di Hera. Qui Primo legge la cronaca sul viaggio in Olimpia della prima periegesi. Visitiamo il tempio di Zeus, lo stadio, i tesori, il tempio di Rea. Il porticato di Eco. Proseguiamo nella zona “extra temenos”: il Leonidaion, le Terme Sud, la sala ottagonale e la villa di Nerone. Questa è proprio “nuova”! Con scavi ancora in corso. Qui Nerone soggiornò alcun tempo quando, nel 67, venne a vincere le gare olimpiche. Ancora più a sud ovest ci sono le imponenti terme sud. Poi risalendo verso l’uscita troviamo il laboratorio di Fidia, trasformato in chiesa cristiana già nel VI° secolo. Poi la grande palestra con la sua selva di colonne e, in ultimo, il ginnasio. A est di questo le terme Nord che furono probabilmente le prime ad essere costruite.
Sono ormai le 17.00, l’ora del ritrovo fuori dagli scavi. Fa ancora caldo, ma l’aria è carica di una luminosità insolita che avvolge e sospende. L’esperienza del tempo si è modificata portandoci a sfiorare quell’ “αιων”, quel “tempo senza tempo”, o “prima del tempo”, che crea difficoltà a tornare a quel “κρονος” in cui siamo solitamente inseriti.
Ora puntiamo dritti per il nostro nuovo albergo: Hotel “Messina Resort” a Kalo Nerò (bella acqua). Durante il viaggio Riccardo parla di cose varie e recita un paio dei suoi “componimenti archetipici”. Sandro si associa con un suo componimento poetico. Attraversiamo la costa della Trifilia. Passiamo il fiume Nera ed entriamo in Messenia. Arriviamo a destinazione poco dopo le 18.00
Il nuovo albergo è un labirinto di appartamentini con una piccola piscina prospiciente il mare. L’arredamento non incontra il nostro gusto, vi sono molti spazi non utilizzati e il collegamento wifi è precario.
Ci ritroviamo alle 20.00 a bordo piscina. Franco ha guardato i ristoranti e ha scelto l’ultimo sul lungomare. Siamo in 18 (con l’autista) e provano ad ammonticchiarci tutti in un tavolo. Primo, con Sara, Franco e Angela chiede di essere sistemato ad un altro tavolo, ma il personale non è solerte nell’accogliere la richiesta e il gruppetto si sposta allo “Zephiros” che è di fronte all’albergo.
Domenica 4 settembre. A colazione si parla della Demetra peloponnesiaca con Riccardo e Nora. È un peccato che oggi Riccardo non voglia venire con noi: potrebbe portare un contributo non da poco su alcuni temi della giornata.
Primo introduce la Demetra peloponnesiaca, poi Isa legge il capitolo della monografia a cui lo stesso Primo sta lavorando, da tempo.
Arriviamo a Lepreon, antica capitale della Trifilia. Ci incamminiamo per una strada in salita, ma una signora ci dice che anche il pullman può percorrerla: lei ci va solitamente col trattore! Il buon Dimitri ci porta in cima. Vediamo gli scavi della mura e poi il tempio di Demetra. Splendido il panorama sullo sfondo. Qui facciamo varie letture, sempre con Isa regista.
Si riparte per l’antica Figalia. È Domenica: uomini al bar, auto parcheggiate in mezzo alla strada, negozi chiusi… Ad ostacolare ci si mette anche una terrazza aggettante che, complice un’ auto parcheggiata in modo canagliesco, impedisce il passaggio del nostro pullman. Ma Dimitri provvede con destrezza.
Si arriva alla zona archeologica dell’antica Figalia. Troviamo un tempio di Atena, poi una lunga strada ci porta verso le cascate del Neda. Si intravedono le mura antiche sommerse dal bosco. Siamo alla ricerca della grotta di Demetra, ma dopo un po’ desistiamo: è caldo, si è fatto tardi, abbiamo anche un po’ di fame. Sulla strada verso la fonte antica troviamo una Kantina aperta dove ci servono delle insalate. Tutto nella precarietà assoluta, con un servizio lentissimo e un prezzo che risulta decisamente alto. Un greco dagli occhi azzurro scintillanti, osserva tutto, continua il suo pasto e si alza solo per fare il conto. Ha i capelli lunghi e raccolti dietro la nuca, con un codino. D’insieme sembra una stampa di grecità ottocentesca, nei fatti molto “turca”, come se ne vedono nei musei del folklore e delle tradizioni popolari.
Si riparte con comodo. Ci inerpichiamo sulla strada per Basse, verso il tempio di Apollo Epikourio che molti di noi vedono per la prima volta. Da lontano compare il tendone che ricopre da trent’anni il prezioso manufatto. È in corso un accurato restauro condotto con la modalità e i finanziamenti (UE) che sono propri del Partenone. Al momento è stato risistemato il pronao: un restauro conservativo con aggiunte integranti e ben visibili. L’effetto è buono. Anche sotto il tendone l’eccezionale bellezza del manufatto si impone con le sue innovazioni architettoniche in cui si riconosce la mano del grande Ictino.
L’ipotesi di allungare il percorso fino al vicino monte Liceo viene accantonata, pensando che ci andremo quando saremo a Lycosoura: non sarà così, complice Zeus pluvio.
Ripercorriamo la strada dell’andata, lungo tutta la valle bellissima della Neda, il fiume che segna il confine fra Elide (Trifilia) e Messenia. Ci teniamo però sempre sul versante dell’Elide.
Arriviamo in albergo quasi alle 19.30. Riccardo è lì, preoccupato per il lavoro che non riesce a portare a termine. Ceniamo di nuovo da Zephyro. Ancora un servizio lento e decisamente approssimato, cibi e conto sono però accettabili.
È stata una bella giornata, piena di cose viste. Alcune di eccezionale bellezza: la valle della Neda e il Tempio di Apollo Epicurio.
Lunedì 5 settembre. Troviamo il sito di Peristeria chiuso. In molti saltiamo il cancello. Interessanti i quattro tholos: i primi, in ordine di tempo, sul continente greco. La possibile derivazione cretese (minoica) testimoniata anche dalla presenza di uno scritto in lineare A sul portale di ingresso del tholos principale. Concreta è la possibilità che sia stato costruito da maestranze minoiche. A gettare un ponte con i tholos della Messara, che però hanno quasi mille anni di più ed una funzione civile diversa: non tombe di re, ma di famiglie abbastanza comuni.
Primo, Laura, Cristina e Concetta percorrono il sentiero fino alla fonte e al canyon attiguo, molto suggestivo.
Si riparte per il Palazzo di Nestore (Nestoros Anaktoro). Arriviamo oltre mezzogiorno. Su tutta l’area è stata disposta una tensostruttura e il percorso è costituito da passerelle sopraelevate. La soluzione appare molto rispettosa del manufatto e permette una visione di insieme eccezionale. Il cosi detto “palazzo di Neleo” è invece esposto alle intemperie e coperto dalle erbacce. Visitiamo anche il tholos contiguo: proponiamo di chiamarla la tomba di Nestore.
Ripartiamo che sono passate le 14.00 per la spiaggia di Voidolokia. Bravo il nostro Dimitri a scansare tutte le difficoltà della strada. Speravamo di trovare lì un ristorante, ma niente da fare. Decidiamo di tornare indietro a cercane qualcuno. Tutto il male non vien per nuocere perché approdiamo ad un lido che è una meraviglia. Per cui decidiamo di restare. Si mangia bene, ombrelloni e sdraio sono gratis. Insomma ci facciamo le 18.30. Si arriva a Pylos all’albergo “Karalis” e per cena Nora ha prenotato alla trattoria “O Koukos” (Il Cuculo) che si rivela un’ottima scelta. Anche il servizio è stranamente veloce. Veloce apparizione di Riccardo che propone due o tre idee scoppiettanti (tipo: fare un centro dimagrimento col freddo a Kalo Nero) e poi se ne va. Floriana ha da poco festeggiato il suo compleanno e offre a tutti una mastìca in un bar della piazza.
Martedì 6 settembre. La colazione è in un ambiente iper moderno, con un gruppo di adolescenti americani che mangiano dolciumi e pancetta affumicata. Decidiamo abbastanza unanimemente di andare a vedere il museo di Kora. Il gruppo, costeggiando la baia, mostra grande interesse per Sfacteria e la battaglia di Navarino. Poi anche per le lotte per l’indipendenza greca.
Visitiamo dunque le tre stanze del museo di Kora dedicate a tutte le trouvailles micenee del Palazzo di Nestore e ai tholos dell’area, compreso quelli di Peristeria che abbiamo visitato ieri. Sono solo tre stanze, con scarso apparato didattico, ma ricchissime di reperti: meriterebbero proprio ben altra sistemazione.
Ripartiamo alla volta dell’antica Messene. Già al mattino il tempo appariva guastato, un vento di scirocco accumulava nubi sul Taigeto e l’Aileo. Ora Zeus si è scatenato: un uragano dopo l’altro trasforma le strade greche, già precarie, in torrenti limacciosi. Fra uno scossone di pioggia e l’altro si arriva a Messene. Giusto in tempo per visitare il locale antiquarium, poi si aprono le cateratte del cielo. Il piccolo museo è invaso da turisti bagnati, fra cui anche noi. Un’occasione in più per ammirare alcuni autentici capolavori: una copia (eccellente) romana di un Hermes, della tipologia detta “di Andros” di Policleto (scuola). Sempre di Policleto un bel torso di un doriforo. Poi una Artemide di scuola di Damophone. A questo autore, originario di Messene, vengono rapportate molte delle statue trovate nei recenti scavi dell’agorà, dell’enorme Asclepion, del tempio di Artemide.
Non accenna a spiovere. Ripariamo alla “Taverna Ithome”, dove già ci eravano rifocillati nel corso della IV° periegesi (2004).
Mentre fuori gli elementi si scatenano mangiamo abbastanza bene e serviti con una certa, insolita, velocità.
Decidiamo di desistere nella visita: sarebbe una marcia nel fango e nella pioggia. Più un percorso di guerra che un cammino nel mondo antico. Pensare che avevamo fatto il progetto di salire fino in vetta all’Ithome…
Ci dirigiamo dunque verso Kalamata e il suo museo archeologico (Museo Archeologico della Messenia).
Primo aveva letto molte cose in merito a questa nuova esposizione, ai criteri che l’avevano ispirata, al connesso recupero di archeologia civile novecentesca… Tutto si rivela deludente. Il museo in verità è ricchissimo di reperti provenienti da tutta la Messenia. La critica è di tipo museografico, riguarda i criteri espositivi che hanno ispirato questo riallestimento. È stato usato un criterio topografico esasperato che non permette più la fruizione didattica dei reperti. Se non forse a pochi eletti che conoscono a menadito la regione. Fallimentare anche il tentativo di recupero architettonico di un manufatto civile novecentesco (il vecchio mercato della frutta), a stento riconoscibile. Primo è convinto che il soprintendente (l’eforo) della Messenia sarebbe da mandare a casa.
Riguadagniamo il pullman sotto la pioggia. In breve siamo al nostro hotel (“City Elite”) sul lungomare di Kalamata. Una bella struttura, moderna efficiente, con begli affacci sulla marina e sul golfo di Thouria. Dalle finestre si vede bene la costa ovest del Mani e quella est del promontorio di Methoni. Al largo le navi da carico che si avvicinano al porto. Il mare è calmo e ha smesso di piovere. Siamo probabilmente nell’occhio di un ciclone. Vediamo che succederà quando si sposterà verso est.
Stasera resteremo in albergo. Visto il tempo la cosa non dispiace affatto e il buffet accettabile. Parliamo di trend culinari, di cibi particolari… Sara è esperta su tutto.
Mercoledì 7 settembre. La colazione è a buffet, molto nordico. Continua a piovere. E ha piovuto tutta la notte. Il mare è colmo dei detriti di una imponente fiumata.
Appena fuori Kalamata ci rendiamo conto dei danni che hanno provocato i nubifragi di ieri: torrenti straripati, fango dappertutto. Poi ritornano i nubifragi. La pioggia cade così intensa da fare paura. Ci attardiamo molto mentre leggiamo cose su Andania, compreso il capitolo espunto dal libro “Mysteria” di Primo. Decidiamo di soprassedere alla visita dell’area archeologica di Messene nella quasi certezza che sia un percorso nel fango.
Ci dirigiamo verso Andania, ma come previsto è un “non luogo”: un posto carico di storia di cui si è persa ogni memoria. Ci fermiamo a chiedere informazioni ad un gruppo di uomini nella piazza del borgo che porta il nome di Andania. Devono interrompere la loro conversazione e il sorseggiare di caffè. Chiediamo della chiesa di Aghios Kostantini, del villaggio di Karnasi. Le indicazioni si sovrammettono, gli animi si accalorano.
Mentre il gruppo di uomini “guarda al pericolo” o riflette sulle cose, due donne armate di badile cercano di riaprire gli scarichi fognari che le recenti piogge hanno obliterato. Il gruppo di uomini non le degna nemmeno di uno sguardo mentre queste si danno da fare, patentemente affaticate.
Dimitri ci vuole portare a Karnasi. Ci si incaponisce. Sfida la brutta strada. Disattende gli inviti di Primo e Riccardo a tornare indietro. Karnasi forse insiste sul luogo dell’antico Karneion dove avvenivano le iniziazioni di Andania. Il paesaggio sulla piana messenica investita da temporali subentranti è proprio grandioso.
Arrivati al borgo inerpicato sulla montagna ci fermiamo solo un po’. Tutto sommato è valsa la pena salire fin qui. Durante il viaggio la conversazione si fa carica di rimandi. Si parla di misticismo, dell’ultimo Platone, di Meister Eickart…
Poi si riparte per Lycosoura, dove arriviamo oltre le 13.00 Il sito è chiuso, ma chiuso da tempo: per sempre? Troviamo un varco nella recinzione e passiamo: tutti. Come l’altra volta, ora sono quindici anni. Cerchiamo di leggere ciò che resta di una delle strutture templari più importanti del Peloponneso. Riccardo è molto preso dal genium loci, ma tutti siamo assai coinvolti. Varie letture. Poi si riparte per il Monte Liceo.
Dimitri che al mattino aveva sfidato strettoie, impervietà, inviti a far marcia indietro, ora si ferma di fronte ad un piccolo dosso di terreno portato dalla piena. Nessuno vuole insistere. Torniamo indietro: anche questa volta Zeus Liceo ci respinge. “Digni non sumus?”
Si fa rotta verso Tripolis. O almeno verso un posto dove mangiare qualcosa. Non troviamo nulla. Teresa propone di fare un salto a Tegea che dista pochi chilometri da Tripolis. La proposta viene accolta. Anche a Tegea il tempio di Athena Alea è chiuso, così il museo. Non è chiuso un forno che fa grandi affari nello sfamarci con cose buone.
Diamo un’occhiata al grande tempio dove lavorò Scopas di Paros. Primo salta il cancello e legge i pannelli esplicativi. Franco controlla che non sopraggiungano gendarmi.
Ora ci dirigiamo veramente verso Tripolis e il nostro albergo dal nome altisonante di “Mainalon Resort”. Ci accoglie una segretaria avvenente, con i capelli platino (su fondo nero) e forme giunoniche.
Il ritrovo per la cena è alle 20.00. Si parte per un ristorante scelto da Concetta che secondo Primo è tremendamente brutto, la quintessenza del kitsch. Alcuni si fermano lì. Primo con Sandro Virginia e Floriana. Continuano la perlustrazione, ma non hanno visto quello che c’è in giro! Luoghi trucidi che fanno sembrare oro quello abbandonato. Per cui, con la coda fra le gambe, tornano da dove sono partiti. Qui tutto è nello stile greco, ma con pochi piatti, e di terra. Ci accontentiamo. Il prezzo è assai modesto. Qualcuno assaggia una nuova birra greca (cretese) che non conoscevamo. Si chiama “Coriatiki”, ha un sapore maltato: da riprovare.
Giovedì 8 settembre. Il viaggio tende alla fine. Oggi arriveremo ad Atene. La colazione è assai modesta. Ci avviamo alla spicciolata al museo archeologico di Tripolis sotto la pioggia. Qui sono raccolti molti reperti provenienti, in special modo, da tombe micenee della località di Palaiokastro vicino a Gortina. Tombe a tholos probabilmente mai saccheggiate perché i reperti sono numerosi e integri. Varie anche le cose provenienti da Lycosoura. Il museo è fatiscente. In alcune sale manca anche l’illuminazione. Il personale di servizio è composto solo da due unità, ma dalla stanza della direzione vengono voci plurime. La stanza naturalmente è ermeticamente chiusa.
L’allestimento è vetusto, senza apparato didattico, l’ordine è di tipo funzionale estetico. Ma la raccolta di grandi crateri micenei è veramente notevole.
Riguadagniamo l’albergo, ancora sotto la pioggia, ma non più battente. Si parte per Stynphale.
Lungo la strada passiamo accanto ad Orcomeno. È giocoforza fermarsi. L’autista che ieri si è arrampicato nei posti più impensati ora sembra non poter fare qualche centinaio di metri di buona strada asfaltata. Certo: le nostre (tante) stranezze sono proprio in buona compagnia…!
Visitiamo comunque il teatro, la grande Stoà, il tempio di Artemide Mesopolis, il Bouleterion, poi i resti dell’imponente cinta muraria. Il tutto in uno scenario di grande bellezza.
Ci fermiamo al paesino di Κανδυλα. Alcuni mangiano in una locale taverna, molto maleodorante, ma dove hanno molte cose che dicono buone. Altri prendono qualcosa ad un locale negozio di alimentari. Che però, ci tiene a ribadirlo, “non fa panini”.
Si prosegue per Stynphale in un contesto di grande bellezza paesaggistica, che fa pensare alle alpi bavaresi. Complice il tempo. È in corso una sciroccata che ha addensato nubi e foschie nelle valli laterali ove ogni tanto affiora la nuda roccia calcarea.
La piana di Stynphale è occupata dalla grande palude mitologicamente infestata dai terribili uccelli che costituirono “l’occasione” di una delle dodici fatiche di Heracle. Ne percorriamo il bordo orientale, passiamo per l’abitato di Stynphale che sembra prepararsi ad una grande festa. Con grande probabilità è la stessa in cui, ignari, piombammo quindici anni fa (vedi). Ci sono zingari e carrozzoni di mercanzie che si stanno disponendo lungo la via principale.
Arriviamo finalmente all’antico abitato di Stynphale, che non è stato giudicato degno nemmeno di una segnalazione stradale. Occupa la cima e la pendice nord-est di una collinetta che aggetta nella palude. Dalla cima si gode un ampio panorama in un contesto di selvaggia (quasi orrida) bellezza. Non c’è da stupirsi se anche qui gli antichi avessero messo uno degli accessi agli inferi.
Si riparte per Atene. Ora senza tappe intermedie. Riccardo è un fiume in piena di affabulazioni: considerazioni personali, riferimenti a fatti mitologici, componimenti poetici, battute di spirito, si susseguono come onde di un mare in tempesta. Ad un certo punto, gli viene l’idea di leggere l’inno omerico a Demetra. Splendido e splendidamente letto da Sara. Poi il fiume riprende…
Si arriva ad Atene assediata dal traffico. Il nostro albergo “Fresh” è nella zona sud di piazza Omonia, un quartiere già brutto d’impianto. Ora investito in pieno da crisi economica che ha esitato in un drammatico degrado urbano: palazzi fatiscenti, altri cadenti, transenne, sporcizia, graffiti ovunque… Per fortuna l’albergo è a posto. Quasi un’isola in mezzo a tanto scempio.
Su suggerimento di un receptionist che parla italiano andiamo ad una trattoria (“Enastron”) in via Miconos. Non c’è nessuno, ma i tempi sono lunghissimi. Abbiamo fatto una tavolata di 17 persone dove è impossibile parlarci e sentirci. In particolare della prossima periegesi, argomento che Riccardo vorrebbe affrontare ora.
Riccardo vuole continuare il discorso sul roof dell’albero, ma anche questo non è posto adeguato, visto che è pieno di gente.
Venerdì 9 settembre. È il giorno in cui ci eravamo ripromessi di ripercorrere il cammino dei mysti verso Eleusi: la pompè. Riccardo con altri parte puntuale, all’agorà decide di entrare per andare all’Eleusinon e all’altare dei 12. Altri vanno al Keramicos. Interessantissimo il museo. Già visitato più volte, ma che sempre riserva qualche scoperta. Così gli scavi con il tracciato e il piano di calpestio della via sacra, il Pompeion, l’Eridano, il Dypilon, la porta sacra, i primi sacelli sulla via per Eleusi…
Si sale su un piccolo autobus, guidato da Χρυστος. Che si rivela subito pratico e disincantato. Pur con capelli di un biondo improbabile. Alla Donald Trump, per intenderci. Non si percorre a piedi la via sacra né si vedono gli scavi sul Kefisos attico, alla stazione di Elaianos. Ci si ferma all’Aigaleo e si visitano i reperti messi in mostra (ottimamente) all’interno della stazione. Poi alla volta di Dafnì. Il monastero è aperto. Ora lo è solo di venerdì e sabato. Si cerca di individuare i segni del pregresso tempio di Apollo, ben riconoscibili nello stilobate e in una colonna ionica del peristilio, ora sul sagrato della chiesa. All’interno affreschi che vanno dal XIV al XVII secolo. Il percorso continua per il sacello di Afrodite. C’è all’interno un villico che sta tagliando l’erba. Inutile il tentativo di farsi aprire il cancello. Né è possibile, lui presente, pensare di scavalcare i cancelli, come accaduto nel 2010. Sosta ai Laghi Reithioi. Nessuna traccia del ponte dei lazzi, ma fuori dallo scempio della ierà odos, che qui è una bruttissima autostrada, i laghi conservano una loro orrida bellezza. Riccardo ed altri proseguono a piedi.
Il pullman arriva infine al santuario che è aperto fino alle 19.00 Entriamo subito. Visitiamo le mura esterne, poi il museo, i luoghi dove sorgeva la reggia di Celeo, naturalmente il Telesterion e il pozzo Calliroe. Si mangia in un grazioso localino a due passi dal mare. Si chiama Βασιλια’ e vi si mangia bene, con un servizio veloce e spendendo un’inezia.
Il punto di ritrovo è ad un bar di fronte al santuario. Il locale ha il nome intrigante di Κικεων. Arriva anche Riccardo con il gruppo che lo ha seguito. Sembra che si siano sbagliati e che abbiano proseguito per un bel po’ sulla via per Corinto. Ora vanno a vedere il santuario.
Si riparte per Atene verso le 17.00 Atene è imbottigliata da un traffico surreale per un paese che dovrebbe essere in grande crisi economica. Lo smog è alle stelle, la confusione massima. Crystos ci porta al nuovo Museo dell’Acropoli dove andiamo a vedere una mostra sul sito oracolare di Dodona. Sobria, squisitamente fatta. Sembra un suggerimento per la prossima periegesi.
Proseguiamo a piedi per l’albergo. Alcuni preferiscono fermarsi a cena subito e vanno al vecchio Δυογενης. Altri provano al “Kouzina”, suggerito da Sandro, ma è tutto occupato e decidono di cenare al ristorante dell’albergo.
Bel panorama: l’acropoli, il Thyssion… Si mangia anche bene, spendendo relativamente poco (21 euro). Dopo le 22 arriva il resto del gruppo e saliamo al piano di sopra, alla piscina per parlare della prossima periegesi.
Alla fine si concretizzano tre proposte: Creta, le Cicladi Occidentali, l’Epiro. Vince quest’ultima ipotesi.
Sabato 10 settembre. Alle 9.00 Primo, Angela, Franco e Concetta vanno a piedi al museo archeologico nazionale. Visitano il settore miceneo. Poi la scultura, Damofonte di Micene e il gruppo delle Despine. Poi i reperti di Thera, Acrothiri. Pausa al bar interno. Poi al settore dei vasi. Ma ormai abbiamo visto troppo e desistiamo. Sono le 14.00 passate, ma Teresa è determinata a non perdersi nulla, una vera lezione di tenacia.
Verso le 15.00 pranziamo da Τιταμος. Ci troviamo bene. Insalata cretese e una nuova birra greca, si chiama Theta, ma si pronuncia “tita”. 7 euro, con la mancia. Poi a piedi in albergo.
Alle 20.15 ci ritroviamo nella hall e andiamo di nuovo all’ Εναστρον (che significa “fra le stelle”). Stasera sono più veloci: loro a servire, noi a ordinare. Andiamo a letto mentre il cielo minaccia temporali e una pioggia sottile ha cominciato a battere contro i vetri. Quest’anno è stata una Grecia acquosa.
Domenica 11 settembre. Oggi si parte. Primo, Isa, Giorgio e Concetta partono per una passeggiata. Isa è una fucina di interessi e curiosità.
La prima tappa è a Monastiraki. I lavori alla moschea non sono finiti e dobbiamo procedere oltre. La Libreria di Adriano. Poi l’agorà romana, la Torre dei Venti. Una sosta anche al vecchio Platanos, che ormai disertiamo da molto tempo. Trovano un ristorante (Ακροπολις) che ha un magnifico affaccio sugli scavi. Isa ne trova un altro nella direzione dell’acropoli, un po’ appartato, ma molto suggestivo. Viene annotato anche questo (Κλεψιδρα). Poi per la Μνησικλες e quindi la Aeoliou, visitano la chiesa di Karnikarea, piazza del Municipio, gli scavi della porta di Acharnon e l’area cimiteriale prospiciente. Vengono in mente gli Arcarnesi di Euripide. Poi all’aeroporto e in volo su Roma.
Ora il viaggio è finito davvero. È stato bello, intenso, come al solito. Insidiato dalla pioggia. Con la XVII° Periegesi: Epiro e siti oracolari di Dodona e Necromanteion.